Marcia indietro sul condono. Frenata sulle assunzioni nella Pubblica amministrazione. I due capitoli escono dal decreto Semplificazioni: stralciati. Quando presenta al vertice di maggioranza la sua bozza di decreto, il presidente del consiglio si trova di fronte una fila di fucili spianati. Ci sono, al solito, i quattro capidelegazione al governo, Dario Franceschini (Pd), Alfonso Bonafede (M5S), Teresa Bellanova (Iv) e Roberto Speranza (LeU). Ci sono il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e la sua viceministra di Art.1-LeU Cecilia Guerra, la ministra della Pa Fabiana Dadone, il sottosegretario alla presidenza Riccardo Fraccaro, Il capo dei senatori Iv Davide Faraone, la capogruppo di LeU Loredana De Petris, ecologista, il vicesegretario del Pd Andrea Orlando, la responsabile dell’Innovazione del Pd, Marianna Madia, La capogruppo di Iv a Montecitorio, Maria Elena Boschi.

COL TEMPO IL VERTICE s’infoltisce ulteriormente, diventa assembleare. La bozza non piace quasi a nessuno, anche se per motivi diversi, e nessuno gradisce l’ipotesi di portare giovedì al consiglio dei ministri un articolato non vistato da nessuno, dal momento che la bozza si mantiene sulle linee generali e non entra nel dettaglio dei 48 articoli.

Le linee generali bastano e avanzano a motivare il pollice verso del ministro per l’Ambiente Sergio Costa, del Pd, di LeU. Nel mirino c’è soprattutto, ma non solo, il condono edilizio per gli edifici abusivi «conformi» ai nuovi piani urbanistici. «Una norma del genere non avrebbe mai i nostri voti. Bisogna insistere con le norme contro il consumo di suolo, non condonare», dichiara De Petris alla vigilia. Per Roberto Morassut, sottosegretario Pd all’Ambiente, il problema va oltre il condono: «Sarà possibile ampliare, di fatto senza limite, i piani attuativi fino a ricomprendere immobili abusivi facendoli rientrare nei piani urbanistici. Ciò si tradurrà non solo in condono di fatto ma nella trasformazione di nuovo suolo inedificato in potenzialmente edificabile». Il vicesegretario del Pd Orlando conferma: «Quella norma va corretta». Il ministro Costa prima va giù durissimo, «Non dirò mai sì a un condono», poi stempera: «Noto già forti miglioramenti».

IL CONDONO, PERÒ, non è il solo scoglio. Il Pd e LeU frenano anche sul cuore stesso del decreto, la scelta di procedere fino al luglio 2021 per chiamata o trattativa diretta per tutti i lavori fino a 5,3 miliardi di euro. Significa rinunciare a ogni controllo: mano libera, con tanto di rischio massimo di infiltrazioni criminali. I 5 Stelle sono lacerati. Il dl porta la firma loro più che di chiunque altro. La bozza è stata stesa materialmente da Giuseppe Conte e dal sottosegretario alla presidenza Mario Turco, pentastellato. La spinta è arrivata da Italia viva, certo, ma ancora di più da altri esponenti di spicco del Movimento, i viceministri Stefano Buffagni e Giancarlo Cancelleri. Capita però che il decreto navighi in direzione opposta a quanto da sempre difeso e sostenuto dai 5S e lunedì sera, in una riunione con i ministri grillini, il reggente Vito Crimi ha dovuto spiegare che così com’è il decreto potrebbe essere bocciato anche da alcuni senatori del gruppo pentastellato.

MA AL VERTICE i 5 Stelle e Italia viva tengono duro. Passi lo stralcio del condono ma la chiamata diretta, cioè l’affidamento degli appalti delegato ai commissari senza filtri è irrinunciabile. Neppure Iv, in realtà, è del tutto soddisfatta. La direzione, per la folta delegazione renziana presente al vertice, è quella giusta ma per arrivare al più volte sbandierato «piano shock» ancora ce ne vuole. Ombre anche sui temi centralissimi dell’abuso d’ufficio e del danno erariale. In materia la bozza di Conte fissa princìpi di massima: sull’abuso d’ufficio dovrebbero essere chiariti e circoscritti i margini di discrezionalità, sul danno erariale si dovrebbe poter perseguire, a termine, solo il danno provocato «per dolo». In ogni caso, il dl dovrebbe fissare regole studiate per penalizzare l’omissione, cioè lo schermo che gli amministratori adoperano per evitare il rischio di essere accusati di abuso o danno e che acquisterebbe rilevanza penale.

Il problema è che queste sono parole, e spesso anche parecchio confuse. Per coglierne il significato è fondamentale disporre dell’articolato, che però al momento latita. Conte però vuole a tutti i costi portare il decreto al consiglio dei ministri giovedì prossimo. L’escamotage sarebbe già pronto e rodato. Una bella «approvazione salvo intese». Se ne riparla in parlamento.