È una svolta storica che rivoluziona il paradigma industriale della Germania e anche il programma di governo più ambientalista d’Europa. Ma non è tutto verde ciò che luccica e il patto di coalizione sottoscritto da Spd, Grünen e liberali rimane comunque un compromesso politico frutto di mesi di trattative serrate.

TRA LE MOLTISSIME LUCI COME L’USCITA dal carbone otto anni prima del previsto, l’obbligo di produrre l’80% di energia da fonti rinnovabili entro il 2030, i pannelli solari che dovranno essere installati su ogni fabbrica o casa già a partire dal prossimo maggio e l’imprescindibile mobilità elettrica.

E LE POCHE MA RILEVANTI OMBRE su cui spicca l’assenza di nuove tasse su combustibili fossili ed emissioni di CO2 e soprattutto il previsto, vertiginoso, aumento dell’importazione di gas (super-inquinante anche se non come il carbone) assicurata dal raddoppio del Nordstream 2: la pipeline gestita da Gazprom appena completata sul fondo del Baltico. In ogni caso, il piano del nuovo governo proietta la Bundesrepublik nel futuro segnando il definitivo passaggio dalla «vecchia» Germania della Ruhr al Paese capofila della transizione energetica che verrà completata nel 2045, quando tutti i 16 Stati federali saranno a emissioni zero.

MERITO DELL’«INTERESSE PUBBLICO» e dell’«emergenza climatica» assunti come linee-guida nella lotta al riscaldamento globale: le ratio giuridiche della nuova legge sul Clima da varare entro il 2022 dopo che la Corte costituzionale ha sancito il diritto delle future generazioni di non pagare il prezzo dell’inerzia dell’attuale classe politica. Da qui la svolta ecologica dettagliata nelle 177 pagine del patto di legislatura che sarà vincolante per tutti i 17 ministeri del governo Scholz.

RINNOVABILI. SONO LA SOLUZIONE numero uno e avranno la priorità su tutti gli altri progetti energetici: entro la fine del decennio dovranno rappresentare gli otto decimi della produzione nazionale con la crescita della domanda fino a 750 Terawattora. Dal 2025, inoltre, ogni nuovo impianto di riscaldamento dovrà essere alimentato per il 65% con fonti pulite. Tecnicamente la loro espansione avverrà attraverso il Renewable Energy Act ma anche con gli accordi di acquisto di energia a lungo termine.

IN PARALLELO, PER ACCELERARE I TEMPI, verranno semplificate le autorizzazioni ai nuovi impianti e il 2% del territorio nazionale sarà riservato all’eolico on-shore dopo la scelta delle aree che avverrà entro metà 2022. Il governo premierà tutti i Comuni che ospiteranno le infrastrutture di rinnovabili da cui «trarranno profitto in modo appropriato», mentre lo Stato provvederà a sostituire le vecchie turbine degli attuali parchi energetici con un duplice obiettivo: almeno 30 Gigawatt di eolico off-shore nel 2030; 40 nel 2035 e 70 nel 2045, e circa 200 di fotovoltaico entro otto anni.

Una volta completata l’uscita dal carbone, l’incentivo statale sulle rinnovabili finirà, ma già a partire dal 2023 il supplemento in bolletta per la green-energy non sarà più pagato dai consumatori ma finanziato con il bilancio federale.

FOSSILI. SE L’USCITA DAL CARBONE «idealmente» entro il 2030 è scritta nero su bianco, il gas sarà la soluzione-ponte per superare la crisi energetica, ovvero la fonte fossile «indispensabile per un periodo di transizione» che finirà solo quando le rinnovabili garantiranno gli stessi Gw del metano. Orizzonte tutt’altro che vicino, al contrario del carbone ingabbiato in una precisa tabella di marcia a partire dal costo sul mercato. Se il prezzo europeo della CO2 dovesse scendere sotto i 60 euro a tonnellata il governo interverrà per riportare la cifra sopra la soglia di non-convenienza. Il «buco» economico dei Land carboniferi verrà risolto con sovvenzioni pari al graduale calo dell’estrazione di lignite. Ma sono previsti aiuti pubblici anche per supportare il prezzo crescente della CO2 sotto forma di «compensazioni per le famiglie a basso reddito». Tuttavia, il prezzo della CO2 sui combustibili fossili per riscaldamento e trasporto «non aumenterà per ragioni sociali» anche se a Berlino promettono un meccanismo di «compensazione sociale per i consumatori» dal 2026.

LEGGE SUL CLIMA E UNIONE EUROPEA. La nuova norma verrà varata nel 2022 e ogni ministero sarà obbligato a far collimare ogni provvedimento con la compatibilità ambientale, mentre il rispetto degli obiettivi climatici verrà monitorato negli anni dalla «valutazione intersettoriale analoga agli Accordi di Parigi». In altre parole la Germania per la prima volta riconosce la «necessità di rimuovere tecnologicamente la CO2» sviluppando una strategia a lungo termine per il 5% di emissioni residue ritenute inevitabili. Per questo verranno incentivati i prodotti rispettosi del clima riservando loro una specifica quota negli appalti pubblici.

MA LA COALIZIONE «SEMAFORO» è ben consapevole che la politica su prezzi non si esaurisce entro i confini e quindi invia un «messaggio» alla presidente (tedesca) della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. A Berlino sono convinti dell’urgenza di stabilire i prezzi minimi europei del carbone e della CO2 nei settori dell’edilizia e trasporti ma anche della «creazione di un’Unione europea per l’idrogeno verde con l’obiettivo di diventare il mercato principale entro il 2030».

MOBILITA’ ELETTRICA E IDROGENO. È il core-business del patto di governo. Obiettivo: di 15 milioni di auto full-electric in Germania nel 2030 con l’«accelerazione massiccia» nella creazione della rete nazionale di ricarica. Proprio come il carbone, anche la transizione nei Land dell’Automotive come Baviera (Bmw) Bassa Sassonia (Volkswagen) e Baden-Württemberg (Mercedes e Porsche) verrà finanziata dallo Stato, mentre il nuovo regolamento edilizio già obbliga a installare colonne di ricarica nei nuovi edifici commerciali e nei parcheggi con oltre 35 stalli. Ma la Germania punta anche a diventare il leader nella produzione e riciclaggio delle batterie.

IL COMBUSTIBILE DEL FUTURO, PERO’, resta l’idrogeno per cui si prevede «un’economia su scala industriale» con quote di idrogeno verde (non ancora esistente) negli appalti pubblici. Cifre alla mano, si traduce nella capacità di elettrolisi pari a 19 GW entro il 2030.

SICUREZZA DEL TERRITORIO. Ancora sotto gli occhi di tutti i tedeschi gli apocalittici effetti della recente alluvione che ha causato decine di morti e miliardi di danni. Per il governo tedesco l’unica soluzione è rivedere da cima a fondo l’attuale sistema di (non) messa in sicurezza del territorio, a partire dalla fondamentale «strategia nazionale di protezione delle torbiere».

ANCHE QUI APPROCCIO MIRATO e a lungo termine per la protezione delle foreste con la moltiplicazione delle specie boschive resistenti al cambiamento climatico ma anche con i premi finanziari per i proprietari delle aree agricole indispensabili a mitigare il riscaldamento globale. L’ennesima dimostrazione che per la svolta ambientale non bastano appelli e moral-suasion ma servono soldi. Tanti, subito, e per tutti i settori.

MOBILITA’ ELETTRICA E IDROGENO. È il core-business del patto di governo. Obiettivo: di 15 milioni di auto full-electric in Germania nel 2030 con l’«accelerazione massiccia» nella creazione della rete nazionale di ricarica. Proprio come il carbone, anche la transizione nei Land dell’Automotive come Baviera (Bmw) Bassa Sassonia (Volkswagen) e Baden-Württemberg (Mercedes e Porsche) verrà finanziata dallo Stato, mentre il nuovo regolamento edilizio già obbliga a installare colonne di ricarica nei nuovi edifici commerciali e nei parcheggi con oltre 35 stalli. Ma la Germania punta anche a diventare il leader nella produzione e riciclaggio delle batterie.

IL COMBUSTIBILE DEL FUTURO, PERO’, resta l’idrogeno per cui si prevede «un’economia su scala industriale» con quote di idrogeno verde (non ancora esistente) negli appalti pubblici. Cifre alla mano, si traduce nella capacità di elettrolisi pari a 19 GW entro il 2030.

SICUREZZA DEL TERRITORIO. Ancora sotto gli occhi di tutti i tedeschi gli apocalittici effetti della recente alluvione che ha causato decine di morti e miliardi di danni. Per il governo tedesco l’unica soluzione è rivedere da cima a fondo l’attuale sistema di (non) messa in sicurezza del territorio, a partire dalla fondamentale «strategia nazionale di protezione delle torbiere».

ANCHE QUI APPROCCIO MIRATO e a lungo termine per la protezione delle foreste con la moltiplicazione delle specie boschive resistenti al cambiamento climatico ma anche con i premi finanziari per i proprietari delle aree agricole indispensabili a mitigare il riscaldamento globale. L’ennesima dimostrazione che per la svolta ambientale non bastano appelli e moral-suasion ma servono soldi. Tanti, subito, e per tutti i settori.