La giornata in Crimea si è svolta con l’attenzione rivolta all’incontro dei capi di Stato europei e alla querelle relativa alle sanzioni. L’Unione europea, Putin, Obama e l’Onu, hanno giocato le proprie carte, dando l’idea di quanto sia frammentato il fronte occidentale. Dal punto di vista di quanto sta accadendo in Crimea, a sorpresa, è arrivato l’annuncio del consiglio per la sicurezza nazionale e la difesa di Kiev, secondo il quale, «le forze armate ucraine hanno elevato lo stato di allerta e sono pronte a combattere».

In realtà la situazione appare piuttosto sotto controllo da parte dei russi, che hanno anche liberato i comandanti della marina militare ucraina fermata nei giorni scorsi. A questo proposito, non ci sono invece novità per quanto riguarda i due morti successivi a spari nei pressi della base di Sebastopoli. È un dei tratti più interessanti di questa stramba «guerra» di Crimea, giocata molto anche a livello mediatico, tanto da Kiev, quanto da Mosca. Le autorità della penisola hanno avviato un’indagine e già la conferma delle due vittime costituisce un minimo barlume di verità su vicende sempre più misteriose. Non si sa ancora, infatti, né da dove siano arrivati gli spari, né chi ne sia responsabile. L’episodio fa il paio con le tante domande e gli interrogativi aperti circa la battaglia di Majdan, quella che ha determinato la cacciata di Yanukovich.

Fonti europee hanno confermato al manifesto l’invito della Ue nei confronti di Kiev ad aprire un’indagine sui morti di Majdan, ma all’annuncio di ieri, secondo il quale a sparare il 20 febbraio a Kiev sarebbero stati non meglio identificati «stranieri», la Ue non ha dato alcun segnale di vita. Forse c’era troppa attenzione nel cercare a risolvere la questione delle sanzioni, cui invece Putin ha risposto in modo perentorio, specie nei confronti degli Usa, ben più duri nell’approccio rispetto ai leader europei. Mosca ha infatti deciso di colpire 9 funzionari americani, bandendo nei loro confronti la concessione dei visti.

La Casa Bianca – di rimando – non ha mancato di esprimersi, ieri: con un decreto firmato dal presidente Obama, gli Stati uniti hanno esteso le loro sanzioni economiche ad ulteriori 20 alti esponenti dell’amministrazione russa, nonché la Rossiya Bank, un importante istituto bancario russo con sede a San Pietroburgo.

Tra i colpiti figura un personaggio considerato molto vicino a Putin, che ha «investimenti e interessi» nella compagnia attiva nel settore dell’energia Gunvor di proprietà di Gennadi Timchenko, fra le venti personalità colpite dalle misure restrittive varate oggi dagli Stati Uniti. «Le attività di Timchenko nel settore dell’energia sono direttamente legate a Putin», ha sottolineato il dipartimento del tesoro Usa, ricordando che la compagnia è una delle più grandi società indipendenti al mondo attive nel commercio di gas e petrolio.

La società ha immediatamente precisato che «Putin non ha mai avuto e non ha alcuna proprietà o beneficio in Gunvor». Ieri è intervenuto anche il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, pronto a incontrare gli esponenti del governo ucraino e russo. «È importante che sia garantita la difesa dei diritti di tutti i cittadini dell’Ucraina, soprattutto delle minoranze. Il miglior modo di eliminare l’inquietudine per i diritti umani sarebbe che tutte le parti accettassero il dispiegamento di gruppi di osservatori Onu che in loco potrebbero valutare la situazione e comunicarci quello che succede», ha detto Ban Ki-Moon, che ha precisato: «È necessario mettere a punto un dialogo aperto e costruttivo tra Mosca e Kiev».

Il segretario generale dell’Onu ha già incontrato, ieri, Putin nella capitale russa. Un incontro definito «molto costruttivo e produttivo».