Governare una città in dissesto non è un’esperienza semplice, né piacevole. «Il governo Letta dica se dobbiamo essere ammazzati o meno», dice il sindaco di Alessandria, Rita Rossa (Pd). Le parti sociali l’accusano di aver optato per una linea di tagli ed esuberi in completo contrasto con le promesse della campagna elettorale. Di aver rinunciato alla lotta contro le norme sul dissesto. Lei non ci sta e, mentre si agita lo spettro di un commissariamento, chiede «unità» e dice di aver sempre privilegiato la vita dei cittadini rispetto alla tecnica dei burocratici.
Signor sindaco, giovedì è convocato il tavolo interministeriale a Palazzo Chigi, cosa dirà?
Andrò a dire che abbiamo bisogno di normative e di interventi per non precipitare. Chiederò ammortizzatori, il rifinanziamento della cassa in deroga, strumenti come tirocini formativi, per ricollocare le persone interessate dal risanamento. Il costo dei contratti di lavoro è attualmente ingente, 62 milioni l’anno rispetto a entrate di 93 milioni. Di soldi da investire sulla città ne rimangono così pochi. Il dissesto che abbiamo ereditato è dovuto alla malagestione ma anche a un sistema inefficiente e clientelare della pubblica amministrazione. Abbiamo razionalizzato ogni costo il bilancio non quadra ancora, ma abbiamo ridotto il disavanzo da 46 milioni a 10. Abbiamo bisogno di risorse economiche, i cittadini già pagano il dissesto con l’aumento delle tariffe e poco ritorna in servizi.
I sindacati hanno proclamato lo sciopero e sostengono che la politica della sua maggioranza sia diventata rinunciataria nell’accettare i tagli come unica soluzione, l’accusano di macelleria sociale. Cosa risponde?
Li invito a una riflessione. Finora non ho fatto perdere posti di lavoro né stipendi, ma alla riorganizzazione bisogna metterci mano, sennò si finisce nel baratro. Sono certa che un commissario farebbe peggio di me. C’è chi mi dice che se avessi tagliato subito ora avrei meno problemi. Ho cercato di salvare i posti di lavoro, ma non possiamo più reggere, la liquidazione di Aspal non poteva essere evitata. I numeri degli esuberi sono il risultato delle richieste dei ministeri per la riorganizzazione delle nostre risorse. Comprendo le proteste dei lavoratori ma la verità è che a Roma siamo andati divisi e siamo stati tutti presi in giro: amministratori, sindacati e lavoratori. È da due mesi che aspetto l’incontro di giovedì.
Il clima in città è teso e la depressione è evidente. Dalla dichiarazione del dissesto in poi rifarebbe tutto quello che ha fatto?
Non abbiamo dichiarato il dissesto per scelta ma per obbligo. Era nei numeri prima che nelle intenzioni. Il percorso della mia maggioranza nasce dal coraggio di una denuncia contro le irregolarità della precedente amministrazione. È figlio di una richiesta di trasparenza. Ora lo Stato sia leale con noi, ci aiuti, oppure prevarrà il disvalore che si sta meglio quando uno trucca i bilanci e non dice niente. Noi continuiamo invece a pensare che la legalità e il rigore siano la via maestra per portare Alessandria prima al risanamento e poi al rilancio. L’intenzione è rientrare nel patto di stabilità nel 2014 e riottenere i trasferimenti statali, 11 milioni, che ci sono stati decurtati. È ora che le responsabilità vengano condivise, anche dalle parti sociali. Che ci sia unità. Con il Pdl? Solo se rimuoverà Fabbio. Non ho simpatia per le larghe intese. Alessandria è una città tramortita da una situazione inedita. Ma sento un orgoglio positivo. Per ripartire.