Un governo sull’ottovolante è stato scosso ieri dalla revisione al ribasso della crescita da parte dell’Istat: +0,1% nel primo trimestre 2019. Proseguendo con questo ritmo, la crescita che si avrebbe a fine anno sarà «nulla», zero. A fine aprile era stimata a +0,1%. La stima della variazione tendenziale del Pil è negativa: meno -0,1%, per la prima volta dalla fine del 2013. «L’economia non arranca, le nostre stime sono plausibili» ha reclamato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Solo poche settimane fa il suo governo aveva auspicato nel Def un +0,2% nel 2019. La «ripresa incredibile» annunciata da Conte consisterebbe, a questo punto, in un paio di decimali legati agli auspici propulsivi assegnati allo «sblocca cantieri» (ribattezzato «sblocca porcate» dalla Cgil) e da quel porto delle nebbie chiamato «decreto crescita». Tanto basterà per realizzare la profezia dell’«anno bellissimo». Sulle previsione del governo «che non arranca» si addensano le nubi ricordate ieri dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco il quale, nella sua relazione annuale, ha sostenuto che esiste «un consenso diffuso intorno a previsioni di una crescita quest’anno ben inferiore a quella già modesta del 2018». In ogni caso, scavallata l’estate, si sta sospesi nell’attesa di un lieve miglioramento. Siamo usciti dalla «recessione», siamo entrati nella stagnazione. La definizione è dell’Istat: «andamento stagnante».

Un confronto con la situazione, calante, negli altri paesi è utile per dare almeno un’idea. Il prodotto interno lordo è aumentato in termini congiunturali dello 0,8% negli Stati Uniti, dello 0,4% in Germania e dello 0,3% in Francia. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 3,2% negli Stati Uniti, dello 0,7% in Germania e dell’1,2% in Francia. Il Pil dei paesi dell’area Euro è aumentato dello 0,4% rispetto al trimestre precedente e dell’1,2% nel confronto con il primo trimestre del 2018. Sopra, o sotto, lo zero, l’economia «gialloverde» stagna, ma «non arranca».