Molto, se non proprio tutto, in questa crisi dipende ancora una volta da Arcore. Se il centrodestra si compatta intorno alla richiesta di elezioni i giochi sono chiusi. Anche prima dell’incontro tra Salvini e Berlusconi lo schieramento di Fi è messo in evidenza dalla linea della presidente forzista del Senato Elisabetta Casellati e dalla capogruppo Anna Maria Bernini nello scontro sul calendario nella conferenza dei capigruppo. Fanno blocco con la Lega, come Fratelli d’Italia. È più di un semplice segnale.

Qualche spiraglio per evitare il voto a fine ottobre ancora resta comunque aperto. Sergio Mattarella non è tipo da dire o anche solo far filtrare una parola di troppo in un momento come questo. Ma certo osserva con poco trasporto la manovra avviata da Renzi e le perplessità non possono che essere aumentate dopo la doppia sparata di Grillo («Renzi è un avvoltoio») e di Di Maio («Nessun tavolo con Renzi»). Non è certo il viatico migliore per dar vita a una nuova e molto raccogliticcia maggioranza. La situazione si farebbe ancor meno credibile se detta maggioranza potesse vantare un ristrettissimo margine di vantaggio.

CIÒ NON SIGNIFICA che il capo dello Stato auspichi il voto immediato. Le preoccupazioni per lo stato dei conti sono reali e per una volta Di Maio non fa solo propaganda quando strilla che «Salvini farà aumentare l’Iva». I rischi sono concreti e per il Colle mettere gli italiani al riparo da quella possibile tempesta è prioritario. Ma per questo sarebbe necessario quel «governo di garanzia» che il Quirinale ha in mente sin dallo scoppio della crisi: un governo sostenuto da tutti tranne che dalla Lega e da FdI, rigorosamente «del presidente», cioè senza politici e futuri candidati al proprio interno, ma anche senza un programma politico. Dunque senza avere in agenda né la riforma della Costituzione né quella elettorale. Faccende per le quali occorre un governo politico.

Per una soluzione simile due partiti sono determinanti: il Pd (quello vero, quello di Zingaretti) e Forza Italia. Al momento le resistenze di Zingaretti di fronte a questa ipotesi sembrano restare ferree. Il segretario del Pd non boccia l’idea solo pubblicamente ma anche in privato. Il suo è un ragionamento semplice. Togliere le castagne della legge di bilancio dal fuoco permetterebbe a Salvini non solo di non scottarsi le dita. Gli offrirebbe anche una facile arma di propaganda e se poi si arrivasse davvero alle urne in primavera la resa in termini di consenso sarebbe per lui lucrosa, «ci infiliamo in una trappola», è il concetto ripetuto da segretario del Pd ai moltissimi che lo hanno cercato nelle ultime ore.

QUANTO A FORZA ITALIA, tutto dipende dalla trattativa tra Salvini e Berlusconi. Il Cavaliere pur non essendo mai stato cercato da Renzi, ha fatto in modo che la voce circolasse e si gonfiasse proprio per alzare il prezzo. Ma il pronunciamento di ieri nella capigruppo del Senato lascia pochi dubbi in merito a quale sia la strada che Arcore intende battere.

Del resto non è affatto detto che l’M5S si accontenterebbe di un governo «di garanzia» sacrificando per ora quello che ha già identificato come cavallo di battaglia elettorale: il taglio dei parlamentari. I 5S, insomma, devono cercare un’alleanza perché rinviare il voto è per loro questione di vita o di morte ma non vogliono e forse non possono ammetterlo. Perché dovrebbero rivedere e stracciare l’intero loro catechismo.

C’È PERÒ UNA TERZA possibilità alla quale Zingaretti ha dato ieri il via libera nell’incontro con i suoi capigruppo: un vero cambio di maggioranza per dar vita a un governo politico di legislatura con l’M5S e la sinistra. Sarebbe la soluzione più limpida, l’unica che non si presenterebbe agli occhi del popolo votante come una decisione dettata solo dalla paura. Di fronte a una simile posizione assunta da partiti in grado di garantire una solida maggioranza parlamentare il capo dello Stato non potrebbe dire di no. L’ostacolo principale potrebbe essere solo la guerra per bande nel Pd. La stessa guerra che spinge Renzi a bocciare un governo politico con gli stessi 5S che vorrebbe alleati in un governo istituzionale.