La nuova ondata di Guerra fredda, che l’invasione russa dell’Ucraina alimenta, inchioda Cuba nella sfera di influenza di Mosca. Il governo cubano si allinea a Putin. Ma con una certa prudenza, riconoscendo le «provocazioni» della Nato e degli Usa che non hanno «lasciato alternative» al presidente russo e schierandosi per una soluzione negoziale della crisi, «per preservare la pace e la sicurezza internazionale attraverso un dialogo costruttivo», che appare sempre più difficile.

NELL’INCONTRO avuto col presidente della Duma russa, Viacheslav Volidin, mercoledì scorso poche ore prima che le truppe russe entrassero in territorio ucraino, il presidente Miguel Diáz-Canel ha messo in luce «l’eccellente stato delle relazioni» e «la cooperazione strategica» tra i due paesi. E ha ringraziato l’ospite per le varie prove di solidarietà nei confronti dell’isola caraibica, non ultima la ristrutturazione del debito cubano (2,3 miliardi di dollari) decisa il giorno prima dalla Duma. Ma nei colloqui con Volodin, come era accaduto qualche giorno prima in occasione della visita all’Avana del vicepresidente russo Yuri Borisov, non è stata sollevata la questione di un riconoscimento cubano dell’indipendenza delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk. Ovvero alla ragione dell’invasione russa.

Il compito di sostenere le tesi di Mosca è stato lasciato ai mass media statali. «Il conflitto mantiene vive le fiamme che l’Occidente ha acceso», scriveva venerdì Granma, il giornale del Pc cubano, che proseguiva sostenendo che lo scopo dell’intervento armato, l’«operazione militare speciale», era «la smilitarizzazione dell’Ucraina» e l’ eliminazione «dei gruppi nazifascisti» che la governano.

Vengono dunque accettate le tesi di Putin. Ma senza enfasi. Relegando le notizie dall’Ucraina nella parte bassa della prima pagina o all’interno. E mettendo in evidenza, come nel sommario di ieri , che «non vi è da rallegrasi per quanto sta accandendo in Ucraina. Al di là delle ragioni che hanno portato alla situazione attuale, quello che vediamo, una volta di più, è la guerra in paesi che vengno definiti periferici, i quali ci mettono i morti». Il giornale sottolinea, poi, che l’ambasciata dell’Ucraina resta aperta e attiva all’Avana, anche se il delegato ucraino, Oleksandr Kalunchuk , afferma che «tutti i tentativi di avere un contatto con le autorità politiche» dell’isola «non hanno avuto risposta».

La ragione di tale prudenza è ovvia. Da un lato, l’aggressività del poderoso vicino del Nord è stata portata a livelli senza precedenti dall’ex presidente repubblicano Trump e mantenuta dal demoratico Joe Biden e dunque è necessario muoversi con cautela nello schieramento internazionale. Dall’altra, a parte l’ostilità e la rivalità con gli Stati uniti, Cuba e Russia hanno oggi poco in comune. A differenza dell’autocrate russo che controlla il Cremlino e l’intero paese, il vertice politico cubano è impegnato, dopo le manifestazioni popolari del luglio dell’anno scorso, in un dialogo con la parte più marginale e sfavorita della società cubana. Una sorte di rinnovamento del socialismo cubano che deve essere alimentato dal basso.

SI TRATTA DI UNA DECISIONE politica che impegna il vertice del partito-governo-stato in modo collegiale, al di là delle divergenze che esistono al suo interno (forse anche sul grado di militanza nei confronti della Russia). Non passa giorno che il presidente o un altro grande dirigente non sia impegnato in una visita a un quartiere economicamente sfavorito. Anzi vi è una sorta di «» che sembra debba rivitalizzare il socialismo cubano. A tutti i livelli, compreso quello giovanile impegnato in questi giorni a discutere di questi temi in una iniziativa chiamata La Comuna.

Errata Corrige

A fare da collante nelle relazioni con l’autocrate russo la comune ostilità con gli Usa e il debito rivisto dalla Duma a poche ore dall’attacco. Ma l’isola al suo interno ha scelto il dialogo