A giudicare dai titoli sui media siamo tornati agli anni Ottanta, quando un posto di lavoro pubblico garantiva per la vita e la possibilità di ottenerlo tramite concorso era assai alta. «Concorsone per 500mila posti», è il più gettonato.
In realtà si tratta dell’ennesima sparata renziana. A farla il sottosegretario alla Pubblica amministrazione – e autore della riforma Madia – Angelo Rughetti. A cui sono andati dietro quasi tutti, dando il provvedimento per già fatto in vista della prossima legge di bilancio.
La realtà è come al solito molto diversa. Innanzitutto sui numeri: i 500mila a cui si riferisce Rughetti sono i dipendenti della pubblica amministrazione che potrebbero andare in pensione nei prossimi 4 anni. Il motivo di una cifra così alta – rispetto ai 3 milioni di dipendenti totali – è presto detto: abbiamo i dipendenti pubblici più vecchi d’Europa – oltre 55 anni negli enti centrali – proprio a causa delle politiche di austerity dei governi degli ultimi 20 anni, in primis il blocco del turn over, la sostituzione dei dipendenti che vanno in pensione.
Ad oggi le norme sul ricambio sono molto rigide e non lasciano assolutamente spazio a grandi speranze per un «concorsone» generalizzato per sostituire chi raggiunge l’agognata pensione. Nelle amministrazioni centrali (ministeri, enti nazionali) per il 2018 il tasso di turn over è fissato in un misero 25 per cento: ogni quattro dipendenti che andranno in pensione, se ne potrà assumere uno nuovo. A meno di far balenare l’idea – vietata dalla commissione Ue e non applicata nell’intero settore privato – di possibili pre-pensionament.
Le parole di Rughetti poi non tengono per niente conto della bomba sociale dei precari: ce ne sono almeno 50mila ormai considerati «storici» con contratti in ruoli chiave perfino oltre i 10 anni che andrebbero assunti a prescindere da quante persone vanno in pensione.
Anche sulla definizione dei posti vacanti – e dunque a disposizione per un eventuale concorso – la situazione è tutt’altro che chiara. Proprio la riforma Madia ha deciso (giustamente) di prevedere una mappatura di tutti gli uffici pubblici che tenga conto del «fabbisogno» reale e non dei posti mancanti: l’innovazione però comporta tempi molto lunghi per valutare ogni situazione.
Il tutto poi sarà tema di confronto nei tavoli per il rinnovo dei contratti, fermi da 9 anni e che stanno iniziando all’Aran in queste settimane.
Ora, alla fine di questa disamina, una domanda sorge spontanea: come può un sottosegretario del governo in carica dire che i 500mila pensionamenti sono «un’occasione straordinaria per far entrare i giovani e la legge di bilancio può essere uno strumento per coglierla»? La risposta lo è allo stesso modo: sta facendo propaganda elettorale. Annunciare un tot di assunzioni avrebbe avuto un effetto annuncio più ridotto: un «concorsone» dà possibilità (illusione) a tutti di poter ambire ad un posto.
Ecco allora che l’unica cosa che potrà fare la prossima legge di bilancio è aumentare il tasso del turn over. Risorse permettendo. Più auspicabile invece che in sede di rinnovo contrattuale governo e sindacati si accordino per un «piano straordinario di assunzioni». Lo stesso che chiede a gran voce da mesi il segretario della Fp Cgil Serena Sorrentino, ribadendolo proprio a Rughetti durante il dibattito alla festa de l’Unità di Roma e aggiungendo che «va bene ragionare di fabbisogni, ma lo sblocco del turn over non basta».
Già ieri comunque è arrivata la retromarcia dello stesso Rughetti: «Non è prevista alcuna anticipazione per l’uscita degli Statali». Mentre l’idea «concorsone» è stata derubricata a «risparmio»: «Fare un concorso unico per lo Stato permette di elevare la qualità delle prove e spendere meno».