I Girano voci di ogni tipo alla vigilia del dibattito che dovrebbe portare almeno un po’ d’ordine nel caos di questa crisi, dopo che per dieci giorni le ipotesi più disparate si sono intrecciate e affastellate, senza alcuna possibilità di distinguere i percorsi reali dalle bufale. Ieri il tam tam pentastellato inseriva per la prima volta tra le opzioni possibili un governo Conte bis sostenuto dai 5S e dal Pd, però solo per due mesi, il tempo di varare la legge di bilancio, mettere in cassaforte la riforma costituzionale e verificare senza essere incalzati dalla fretta le possibilità reali del cambio di maggioranza.

Altri sussurri parlavano invece, oltre che di contatti segreti in extremis tra i soci della maggioranza uscente, di un possibile tentativo di Conte di resistere al governo per altri due giorni: quelli necessari per l’ultimo voto della Camera sulla riforma costituzionale che taglia il numero dei parlamentari, fissato per giovedì. Di certo ieri sera tutto il M5S, a partrire dal capogruppo Patuanelli, ha aperto ampi spiragli a una ripresa di dialogo con la Lega, previa naturalmente serrata critica alle mosse di un Salvini «che aveva bevuto troppo mojito».

SONO IDEE E TENTATIVI BALZANI e anche il solo averli messi in campo, sia pur tramite bisbigli, non deve aver fatto alcun piacere al capo dello Stato, che vuole evitare proprio esiti confusi e pasticciati. In concreto, servirebbero solo a rendere più vicine le elezioni. Ma il solo fatto che trovate simili siano spuntate dal cilindro pentastellato è eloquente. Dice che una parte dell’M5S, probabilmente minoritaria ma non trascurabile, è ancora scettica sull’improvviso abbraccio con il partito di Nicola Zingaretti ma anche di Matteo Renzi, e non ha del tutto abbandonato il miraggio di recuperare l’alleanza con la Lega.

In realtà, nella ridda fantasmagorica di governi possibili spuntati come funghi dopo il colpo di testa di Matteo Salvini, le opzioni effettivamente praticabili sono ridotte a due: lo scioglimento delle camere e le elezioni oppure la nascita di un governo politico con ambizioni almeno di durare per l’intero prosieguo della legislatura e sostenuto dalla nuova maggioranza: M5S-Pd-LeU. Tra le due strade opposte la seconda è certamente quella con più chances di tradursi in realtà. Zingaretti in realtà la subisce, consapevole del fatto che il dominus del governo nascente sarà, senza bisogno di farne parte e anzi facendo il possibile per non doverne far parte, Matteo Renzi. Ma il segretario del Pd, isolato e accerchiato, pressato dai «grandi vecchi» come Romano Prodi e dall’alleato Dario Franceschini, sa anche di non potersi opporre, ma di poter solo pretendere, come condizione però essenziale, una posizione chiara e netta da parte dei futuri possibili, anzi probabili alleati.

DUNQUE SOLO LE ESITAZIONI, le ambiguità, le tentazioni di rinviare la scelta da parte dei 5S possono costituire l’ostacolo insormontabile per il cambio di maggioranza. Deriva proprio da qui l’importanza del dibattito di oggi e in particolare delle «comunicazioni» di Giuseppe Conte. Saranno le parole e le mosse del premier a indirizzare la crisi virando verso il governo giallorosso oppure verso altri miraggi che porterebbero alle elezioni: la nettezza con cui taglierà tutti i ponti con via Bellerio, la capacità di non mettere le cose solo sul piano quasi personale ed emotivo del «tradimento» ma anche su quello, se non proprio politico, almeno dei valori sui quali la politica deve basarsi.

La strada verso un governo istituzionale sostenuto anche da Forza Italia è invece definitivamente ostruita, al di là delle speranze certamente coltivate da molti forzisti e dallo stesso Gianni Letta. Un governo con Berlusconi, a questo punto, l’M5S non sarebbe proprio in grado di reggerlo, proprio come non potrebbe sostenere la presenza ingombrante di Renzi o dei suoi alti ufficiali. Veti che vanno a tutto vantaggio proprio di Renzi, che non ha alcuna intenzione di coinvolgersi direttamente con l’esecutivo di cui è stato gran mallevadore e mira a tenersi le mani libere per poter decretare a piacimento, quando sarà pronto, la fine della legislatura. Involontariamente, i 5S fanno in questo momento il suo gioco.

LE COSE STAREBBERO diversamente se a sostenere il governo fosse solo una parte di Fi, quella più «presentabile» e che fa capo a Mara Carfagna. Ma anche in questo caso lo slittamento verso un governo che sarebbe per forza istituzionale e non politico accelererebbe solo la corsa verso il voto.