Italia viva diserta il Consiglio dei ministri serale che si occupa di giustizia perché non vuole sentir parlare del famoso «lodo Conte» – versione bis – sulla prescrizione, ma quel lodo non nell’ordine del giorno della riunione né potrebbe esserci visto che avrà la forma di un atto di iniziava parlamentare dei capigruppo di 5S, Pd e Leu. Quale ancora non è certo, se disegno di legge autonomo o emendamento al disegno di legge Costa, con il quale l’opposizione e Renzi vorrebbero cancellare la riforma Bonafede, che invece potrebbe per questa via essere solo modificata e in definitiva salvata. Assenza politica quella delle due ministre di Italia viva, Bellanova e Bonetti, come rivendicato da Matteo Renzi nel pomeriggio, ma anche assenza obbligata, visto che erano entrambe in missione all’estero.

La maggioranza a tre, Italia viva esclusa, continua a discutere sul «veicolo» parlamentare della «riforma della riforma» della prescrizione, ma ha ormai trovato l’accordo nel merito del provvedimento. Perché è tramontato in appena 24 ore un tentativo del ministro Guardasigilli di forzare la mano al Pd e a Leu, inserendo una sospensione della prescrizione – 18 mesi – anche per gli imputati assolti in primo grado, che invece da accordi dovevano essere tenuti salvi dalle nuove regole. La fine della prescrizione si applicherà solo ai condannati, i quali però anche loro – ecco il «nodo del lodo» bis – in caso di assoluzione in appello recupereranno i termini integrali di prescrizione (a quel punto molto probabilmente inutilmente). La sospensione della prescrizione per gli assolti dovrebbe però rispuntare in caso di termini in scadenza a ridosso dell’appello.

Come previsto, un nuovo fronte si è aperto al senato, quando il rappresentante di Iv ha votato con le opposizioni in commissione giustizia, nel tentativo di cancellare la riforma della prescrizione approfittando del decreto sulle intercettazioni. È finita con un pareggio, che significa per la fortuna del governo che l’emendamento soppressivo è stato respinto. L’asse centrodestra-renziani minaccia di riprovarci, con numeri più favorevoli, in aula. Ma il governo chiederà sicuramente la fiducia, per evitare la conta e perché il decreto è prossimo alla scadenza.

Nel Consiglio dei ministri il Pd è riuscito a ottenere da Bonafede un disegno di legge delega di riforma del processo penale «pulito», cioè senza le norme inizialmente previste dal ministro sul Csm e i magistrati in politica. Due argomenti che avrebbero sicuramente complicato la discussione, e probabilmente provocato una polemica con il Consiglio superiore e l’Associazione magistrati, visto che il ministro vorrebbe per un verso diluire il ruolo della magistratura associata nel Csm, per un altro alzare un muro tra le toghe e le candidature. «Ci concentriamo sugli strumenti che possono rendere più efficiente e più veloce il processo penale», spiega uno dei mediatori del Pd sulla giustizia, Alfredo Bazoli.

Nel testo, dimezzato, sono adesso contenute novità tecniche, come un allargamento delle notifiche e del deposito atti via mail, tempi per le indagini preliminari più brevi (massimo due anni per i reati più gravi), ostacoli agli avvocati nella presentazione del ricorso di appello. Ma anche innovazioni importanti come l’obbligo delle procure di darsi criteri di priorità nella trattazione dei reati (nella pratica avviene già, ma adesso il principio di obbligatorietà dell’azione penale viene messo formalmente in discussione), la previsione di tempi standard per i diversi gradi di giudizio e di conseguenze disciplinari per i magistrati che per dolo o negligenza non li rispettano (misura contrastata dall’Anm e ancora in forse), l’obbligo per il pubblico ministero che chiude le indagini di chiedere l’archiviazione anche nel caso in cui ha raccolto prove sufficienti per un processo, ma che si può prevedere non siano sufficienti per una condanna.
In ogni caso si tratta di un disegno di legge delega, dunque tra la prima approvazione delle camera, il tempo necessario all’esecutivo per attuare la delega (sono previsti 12 mesi) e il passaggio finale nelle commissioni, le nuove misure entreranno in vigore tra quasi due anni, se tutto va bene. E saranno oggetto di trattative e mediazioni che non finiscono certo con il Consiglio dei ministri di ieri sera.