I leoni e le giraffe sarebbero troppo banali, lo squalo bianco lo abbiamo visto tutti sul Discovery Channel e i clown non fanno ridere più nessuno. No, è la Casa Bianca di Trump «il più grande spettacolo del mondo», una performance che fa impallidire il circo Barnum di un secolo fa, con il suo autentico Buffalo Bill, e il moderno Cirque di Soleil che incanta le folle di tutto il pianeta. A celebrare lo spettacolo, che tra due settimane celebrerà i suoi primi 365 giorni di attività senza interruzioni, è arrivato il libro del giornalista Michael Wolff, che ha la reputazione di prendere volentieri delle scorciatoie per quanto riguarda i dialoghi tra virgolette, ma nessuno finora ha contestato la tesi centrale del suo libro Fire and Fury: Inside the Trump White House.

E la tesi è semplice: primo, Donald Trump è un narcisista ignorante che neppure in un film di serie C potrebbe interpretare la parte del presidente degli Stati uniti. Secondo, tutti lo sanno, a cominciare dai suoi collaboratori.

I giornali di tutto il mondo hanno già pubblicato decine di aneddoti tratti dal libro, la cui uscita è stata anticipata a ieri, in considerazione del fatto che era già al primo posto nella classifica delle vendite su Amazon, pur non essendo ancora fisicamente presente nelle librerie, né disponibile on line.
Il mio preferito è questo: pare che, entrando alla Casa bianca, Trump si sia lamentato del fatto che sul televisore nella sua camera da letto mancasse il «Gorilla Channel». Purtroppo, nella pur sterminata offerta delle tv americane via cavo non esiste un canale esclusivamente dedicato alle simpatiche bestiole rese celebri dalle indagini sul campo di Dian Fossey. Così, lo staff della residenza presidenziale ha trovato una soluzione: un collage di documentari sui gorilla, una compilation messa in onda sul circuito televisivo interno, che a quanto pare Trump guarda avidamente per varie ore al giorno.

A quanto pare nello staff della Casa bianca c’era qualcuno che aveva visto il film del 2003 di Wolfgang Becker Good-by Lenin, nel quale un figlio devoto realizza improbabili telegiornali della scomparsa tv della Germania Est per ingannare la madre, che potrebbe avere un infarto se scoprisse che il Muro è caduto nel 1989 e che la Germania è ormai riunificata e consumista. Chissà cosa farà Trump quando scoprirà che i “suoi” gorilla non esistono.

Purtroppo, mentre i fuochi artificiali continuano e gli spettatori sono distratti, il bulldozer repubblicano avanza, eliminando ogni giorno un pezzo della pallida eredità di Barack Obama. Per esempio, l’agenzia per la protezione dell’ambiente (Epa) ha cancellato le regolamentazioni introdotte per proteggere la qualità dell’aria e dell’acqua dall’inquinamento industriale, mentre uno dei primi atti del Congresso a maggioranza repubblicana, nel febbraio scorso, è stato cancellare le regolamentazioni che vietavano alle imprese minerarie di scaricare rifiuti dell’attività estrattiva (spesso tossici) nei fiumi. In generale, tutte le regolamentazioni introdotte da Obama a difesa dell’ambiente sono state rinviate nel loro periodo di applicazione o rovesciate: l’amministrazione Trump, per esempio, intende aprire allo sfruttamento petrolifero non solo l’Artico ma anche aree marine a pochi chilometri dalla costa californiana.

La Federal Communication Commission ha eliminato la cosiddetta «neutralità» della Rete, che vietava alle aziende di dare la preferenza ai propri contenuti, o penalizzare quelli dei concorrenti, un pilastro del funzionamento di internet fino ad oggi.

Il dipartimento dell’Educazione ha rinviato alle calende greche l’introduzione di nuove regole previste dall’amministrazione Obama per difendere gli studenti che sono costretti a ricorrere a costosi prestiti per pagare le tasse universitarie.

Il Congresso ha cancellato le regolamentazioni in vigore che vietavano di inserire nei contratti privati l’obbligo di ricorrere a un arbitrato invece che alla magistratura, uno strumento molto usato dalle corporation per evitare azioni di risarcimento da parte dei consumatori (l’arbitrato dà quasi sempre ragione alle aziende).

La lista, compilata dalla Brookings Institution, è troppo lunga per essere riassunta qui, ma il significato politico dell’azione di Trump è chiaro: mentre il giornalismo mondiale segue, come ipnotizzato, gli scandali della Casa bianca, Trump realizza diligentemente, giorno per giorno, il programma repubblicano di demolizione dello stato sociale e della politica estera di Obama, provvedimenti tanto più vulnerabili quanto spesso attuati per decreto presidenziale, visto che i repubblicani hanno avuto la maggioranza alla Camera già dal 2010.

Insomma, la cortina fumogena di Trump è divertente ma nasconde un programma politico reazionario e brutale. Sarebbe tempo di parlare meno di gossip e più di azioni di governo.