E così anch’io ho incrociato il giustiziere della camminata solitaria. Su un sentiero lungo il fiume che, come ogni mattina, percorro per alcuni chilometri. Attorno solo piante, vigneti e campi. Di tanto in tanto si incrociano coppie, persone che corrono, qualche cane con padrone, tutta gente che non infrange le regole perché qui in Svizzera, se si mantengono le distanze, la passeggiata è consentita. Qualche poliziotto in moto sul sentiero si è visto solo nei giorni di Pasqua perché temevano l’ondata di arrivi degli svizzeri tedeschi che qui hanno molte seconde case, ma il 90 per cento di loro è rimasto al nord e, a parte le invettive di qualche locale che ha urlato contro le auto con targa fuori cantone, tutto è rimasto molto deserto.

Come in qualunque sentiero di montagna, anche qui quando la gente si incrocia si saluta sebbene non si conosca. È una prassi di civiltà. Non doveva pensarla così l’uomo che ieri, vedendomi arrivare, da 50 metri comincia a urlami con accento tedesco: «Ferma lì. Non ci sono i due metri». Per sottolineare l’ordine imperioso, mi punta addosso il dito condannatore. Attonita mi arresto. Mi guardo attorno. Ci siamo solo io e lui su uno sterrato che da un lato ha un campo e dall’altro una siepe di pitosforo. Misuro con lo sguardo la larghezza del passaggio. I metri sono ben più di tre. Gli dico: «Se nessuno dei due parla possiamo passare tutti e due. Altrimenti si fermi e si giri verso la siepe». Il suggerimento non gli è piaciuto e, smoccolando, ha fatto dietrofront fino a uno slargo dove si apre un allevamento di asini due dei quali, in quel momento, stavano cercando di accoppiarsi con relativi ragli d’amore che, per i profani, sembrano pianti disperati.

Procedo e lo supero. Lui, per essere certo di non correre rischi, mi aveva pure girato la schiena. L’ho lasciato lì a guardare l’amplesso asinesco che non riusciva perché lo spasimante era grosso la metà della spasimata. Un signore che correva, e aveva visto tutto arrivando, mi è passato vicino dicendo in dialetto locale: «In giro c’è un sacco di gente senza cervello». Intanto l’asina, stufa dei tentativi falliti, ha dato un calcio al maschio infruttuoso.