Lo Stelvio non è lungo, è immenso. Un deserto grigio di solitudine e di silenzio, che forse neppure Zandegù osò profanare con una delle sue bestemmie quando una slavina poco ci mancò che travolgesse il gruppo nel ’65.

È facile perdere il senso delle proporzioni, i corridori paiono formichine sperse sui tornanti.

L’unico che quassù ha saputo mantenere sembianze umane è Fausto Coppi: guardiamo la famosa foto scattata nel ’53 da Tino Petrelli, sembra un gigante mentre cavalca la strada, alle spalle la scritta sulla neve W Fausto. Tanto umano che ebbe il tempo di macchinare una scusa per staccare Koblet il bello e di volare verso l’ultimo suo trionfo rosa: il giorno precedente aveva dichiarato, davanti ai microfoni, la propria resa, e per stracciare lo svizzero dovette attendere che qualcun altro scattasse per andargli dietro.

 

Il Giro passa lo Stelvio, foto Fabio Ferrari/ LaPresse

 

I corridori partono da Pinzolo, affrontano altri due passi prima dello Stelvio, poi picchiata su Bormio e nuova ascesa verso i laghi di Cancano, che ospitano il traguardo.

Mancano ancora 10 km alla cima dello Stelvio che già inizia il naufragio di Almeida sotto la spinta dei Sunweb, mentre la maglia rosa scivola sulle spalle di Keldermann.

Il fatto è che, a quel punto, nel giro di pochi metri l’olandese passa da cacciatore a preda, che a tirare il collo al gruppo passa l’Ineos per Geoghegan Hart.

A cadere è allora il turno di Nibali nostro, e questo può essere il tramonto suo definitivo. Poco dopo è la volta proprio di Keldermann a segnare il passo, del resto a quel punto il mestiere suo è quello di amministrarsi.

Rimangono allora Hart il rosso e Hindley, che di Keldermann è gregario-nemico. Per paradosso il colpo duro a Keldermann non gli arriva né in salita né in discesa, ma nella vallata che porta all’ascesa conclusiva.

Lì Hart si può giovare dell’aiuto di Dennis, grande passista, raggiunto dopo esser sopravvissuto alla fuga di giornata. La vicenda dell’ultima salita si risolve in una baruffa tra i due di testa, ma verbale, con l’inglese che spende più energie a sbuffare e offendere l’australiano che gli succhia le ruote, che non a tentare di staccarlo.

Un rimescolamento di carte continuo, quasi minuto per minuto.

In prossimità del traguardo le torri di Fraele vegliano sulle ombre dei corridori che si allungano sull’asfalto.

In volata non c’è storia, Hindley è più fresco ed ha la meglio. Ma la tappa che doveva decidere il Giro, lo ingarbuglia. Keldermann maglia rosa, a 12 secondi Hindley e a 15 il rosso. Non fosse per finire, si commenterebbe che il Giro è iniziato oggi in riva ai laghi.