Nel film di Daniele Vicari, Il giorno e la notte (su RaiPlay dal 17) la pandemia diviene la minaccia di un attentato terroristico non meglio precisato a Roma, che obbliga il governo – sentiamo la voce «ricostruita» dei tg – a chiedere ai cittadini di non uscire di casa – o di rientrarvi immediatamente in attesa di nuove indicazioni. Le strade, le piazze, il paesaggio della capitale nelle immagini finali sono quelli che ci siamo portati negli occhi dai giorni del primo lockdown, lo scorso marzo, quando all’improvviso ci siamo trovati chiusi in casa, mentre anche le «abitudini» più semplici del quotidiano, scuola, lavoro, il caffè al bar, il cinema, il teatro, una passeggiata si facevano eventi impossibili in tutto il mondo. Anche se molto procedeva, in tanti continuavano il loro lavoro ogni giorno – in fabbrica ad esempio – e nelle metropoli tra la polizia, i pochi passanti, i militari sfrecciavano in bici i riders pronti a esaudire ogni desiderio.

MA NON di questo parla il film di Vicari, che rimane nelle mura delle case, in quel sentimento di costrizione che seppure per un tempo breve mette i protagonisti di fronte alle loro vite. Quattro coppie, chi tra relazioni che vanno avanti da tempo e si sono spente, minate dalle bugie, dai rimpianti, da lutti gravi come la perdita di un figlio, un dolore che ha separato invece di unire. E altre più giovani ma forse troppo prese dai riti « socialite» o all’inizio della relazione, al primo incontro che in quell’istante sospeso si fa riassunto e improvviso svolgimento di ogni passo.
Marcella (Milena Mancini) ha lasciato il marito alla scoperta dell’ennesimo tradimento e si è rifugiata nello studio dell’amico del cuore (Vinicio Marchioni) «messo in mezzo» da entrambi che però è attratto da lei. Anna (Elena Gigliotti) e Manfredi (Dario Aita)sono due giovani attori, finalmente senza il giapponese (ristorante) o la «prima» del film (di lui) che a differenza di lei ha già ottenuto un certo successo, il ragazzo trova il tempo di leggere il copione che la ragazza ha scritto e l’aggredisce perché si ritrova nel mediocre personaggio maschile accusandola di usarlo.

Ida (Isabella Ragonese) e Luca (Marco Martani) si sono incontrati e hanno fatto l’amore una volta, lei si arrabbia a una frase «sbagliata» di lui che sta in campagna e si fa sopraffare dai ricordi dei tradimenti dei maschi di famiglia fino a dirgli che è incinta (ma forse no).

BEATRICE (Barbara Esposito) e Andrea (Francesco Acquaroli) non hanno retto alla morte del figlio, lui si è chiuso letteralmente in una stanza di casa, lei ha un altro uomo. Come affrontare l’incertezza, la paura ma anche quella che appare come un’improvvisa «accelerazione» dell’esistenza di ciascuno?
Per girare il film Vicari (che lo ha scritto insieme a Andrea Cedrola) ha lavorato a distanza (nel corso di quattro settimane), con gli attori che hanno trasformato le proprie case in set seguendo le indicazioni della scenografa (Beatrice Scarpati) e quelle di Vicari stesso. La scommessa era di tradurre nel mezzo le stesse modalità in cui si siamo trovati – e che regolano anche le esistenze racchiuse negli smartphone dei personaggi.
Ognuno dei quali neppure lontanamente si preoccupa di quanto sta accadendo concentrati piuttosto su sé stessi, sui loro microcosmi, sulle loro piccole fantasie; tutti, sia uomini che donne, per niente empatici, abbastanza poco empatici, egotici, narcisisti, oscillanti tra isterismo e menzogna.
Del resto che non sarbebe andato tutto bene lo avevamo capito piuttosto presto. E prima ancora che non saremmo stati certo migliori.