La foresta pluviale del fiume Ituri, nel cuore verde della Repubblica Democratica del Congo, custodisce la parte più misteriosa e selvaggia di questa terra, dove spesso l’uomo è predatore ma anche guardiano di un patrimonio naturalistico altrove scomparso.

Qui vive l’okapi, l’animale più enigmatico dell’intero continente africano, un grande erbivoro per metà zebra e metà giraffa in curiosa contraddizione con ogni regola evoluzionistica. Silenzioso e solitario, nasconde la sua presenza tra la vegetazione anche grazie alla colorazione mimetica del mantello e alle tipiche striature sul posteriore. Una volta l’anno esce dal suo anonimato e in tutto il mondo diventa l’animale del giorno. Il 18 ottobre è infatti l’okapi day, la giornata in cui si diffonde nel mondo un messaggio a conoscenza e tutela di questo erbivoro endemico del Congo.

L’okapi è rimasto sconosciuto al mondo scientifico fino ai primi anni del secolo scorso, quando un suo cranio e alcune pelli furono inviate in Europa e classificate come nuova specie.

Simile a un cavallo ma con un lungo collo che gli permette di mangiare foglie e arbusti a più di 3 metri di altezza, anche la sua sistematica è stata un difficile rebus, risolto solamente nel 1986 riconoscendolo in un genere imparentato alle giraffe.

SONO DAVVERO IN POCHI AD AVER OSSERVATO in libertà questo unicorno d’Africa e ancor meno i ricercatori rimasti a studiarlo sul campo, in un difficile territorio tra le regioni di Ituri e nord Kivu con gravi problematiche di sicurezza, eredità di una guerra civile mai dimenticata.

Qui, dove convivono circa 5000 okapi e i pigmei della etnia Mbuti, un popolo perseguitato e cacciato da molte delle loro tradizionali foreste, è stata istituita nel 1992 l’Okapi Wildlife Reverve, dichiarata anche sito del patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco.

Centro operativo della riserva è la stazione zoologica di Epulu, costruita già nel 1928 dai belgi per catturare gli okapi che poi venivano spediti negli zoo di tutto il mondo. È questo un vitale avamposto per la tutela di un patrimonio naturalistico unico, come il vicino parco nazionale del Virunga per il più conosciuto gorilla di montagna. Luoghi in cui si continua a combattere una sanguinosa guerra per la conservazione di molte specie animali e dove centinaia di ranger sono morti per arginare le violenze di bracconieri, milizie e fermare interessi economici e territoriali.

IL PRESIDIO TERRITORIALE di Epulu, per la sua attività di contrasto alla illegalità, ha sempre avuto molti nemici nella foresta tra chi cerca ugualmente di gestire spregiudicati affari come il commercio di animali protetti, legname e terre rare, come nel 2012, quando una banda di miliziani ha assaltato la struttura uccidendo 13 okapi, due ranger e danneggiando edifici e attrezzature.

Lucas Meers è il responsabile dei programmi dell’Ocp – Okapi Conservation Project – www.okapiconservation.org, una associazione non governativa che dal 1987 è ambasciatrice nel mondo dell’okapi e che gestisce il centro di Epulu insieme al personale governativo dell’Iccn – Istituto Congolese per la Conservazione della Natura: «Prima dell’attacco dei ribelli Mai Mai gli okapi venivano occasionalmente catturati e allevati nella stazione zoologica per dare l’opportunità ai cittadini congolesi, agli scolari e alle comunità vicine di conoscere il loro animale nazionale. Da allora non abbiamo più allevato nessun animale e sarà così fino a quando non ne sarà garantita la sicurezza, così come gli accessi turistici, che si sono ridotti in gran numero».

Ma si continua a lavorare a Epulu, per garantire la sicurezza di uomini e animali in tutta la riserva, cosa certamente non semplice se parliamo di una regione estesa come la nostra Campania. È stato comunque potenziato il servizio di sorveglianza con l’assunzione di ulteriori ranger reclutati in particolare nelle comunità dei villaggi vicini, e i risultati non sono tardati ad arrivare. Nell’ultimo anno le nuove pattuglie hanno rimosso oltre duemila trappole per la cattura di animali selvatici e individuato e chiuso un migliaio di campi minerari abusivi.

SONO ANCHE UTILIZZATE DECINE di fototrappole nella foresta per monitorare l’ingresso di bracconieri e miliziani e per raccogliere dati e video sulla presenza e comportamento degli okapi. Dato il comportamento elusivo di questi animali la sua biologia è studiata anche dai video così ottenuti e dai segni di presenza. Si è così scoperto che mangia oltre cento specie differenti di piante, alcune anche velenose, e che ha imparato a riconoscere e ingerire del carbone vegetale per depurarsi dalle tossine.

GLI SFORZI DEL PROGRAMMA sono indirizzati anche al potenziamento delle strutture di Epulu, dove si stano creando strutture a servizio dei villaggi della riserva. Si è costruito un nuovo sanatorio in grado di fornire una assistenza sanitaria ai residenti della riserva e si condividono in particolare programmi di sviluppo e occupazione per le donne dei villaggi Mbuti.

«Gli Mbuti sono i primi conoscitori della foresta, ascoltiamo la voce di questo popolo con questo popolo e collaboriamo alla tutela della riserva» ricorda Meers, «sono coinvolti nel nostro programma di fototrappole, nelle attività della Giornata mondiale dell’Okapi e in tutti i servizi di assistenza alla comunità. E alcuni di loro sono diventati ranger dell’Iccn».

NUOVE PROSPETTIVE CRESCONO nella foresta di Ituri, un luogo in cui si lavora per una convivenza uomo-natura importante per la sopravvivenza di entrambi e dove l’okapi ne rappresenta un simbolo e speranza. Scoperto e classificato dalla scienza solo nel 1901, l’okapi è anche chiamato unicorno d’Africa per la sua rarità e difficoltà di studio in natura. La Okapi Wildlife Reserve è giornalmente minacciata da bracconieri, miliziani, minatori abusivi e da un pesante disboscamento illegale lungo i suoi confini. L’Okapi Conservation Project si occupa della tutela dell’Okapi e finanzia la stazione di ricerca di Epulu. Nella foresta di Ituri convivono da sempre l’okapi e i pigmei di etnia Mbuti, un antico popolo di cacciatori-raccoglitori.