Lo striscione «l’ora della dignità» campeggia sui finestroni di uno scatolone in cemento, nella zona industriale dell’area urbana di Cosenza. Indignati, sorridenti, preoccupati ma orgogliosi, una settantina tra giornalisti, poligrafici, amministrativi e collaboratori del quotidiano l’Ora della Calabria accolgono con un buon bicchiere di vino rosso le centinaia di visite solidali che stanno ricevendo in continuazione.
Occupano da diversi giorni gli uffici operativi del giornale. In autogestione anche la sede di Reggio Calabria. Dormono, mangiano, vivono in redazione da quando la testata ha cessato di andare in rotativa. Intanto lavorano. Il tabloid infatti non è morto. Al contrario, ha ripreso nuova vita. Tutto il lavoro giornalistico si è trasferito sul web, dove i cronisti in stato d’agitazione hanno aperto il blog l’Ora siamo noi e l’omonimo profilo facebook. Entrambe frequentate da decine di migliaia di utenti giornalieri, aggiornate in tempo reale, queste due «scialuppe digitali di salvataggio» ospitano inchieste e servizi prodotti dai giovani cervelli che nella fabbrica immateriale dell’informazione sono stati operai per tanto tempo.
«Il liquidatore, senza alcun preavviso, ha imposto il godimento forzato di 15 giorni di ferie e ha annunciato l’avvio della procedura del licenziamento collettivo», si legge nel documento che espone le ragioni della protesta. Francesco Cangemi, vivace reporter d’inchiesta sociale, stremato dalle giornate di lotta, spiega: «Stiamo meditando di formare una cooperativa e assumere collettivamente la proprietà del giornale».
Impresa non facile. Negli ultimi mesi il quotidiano era divenuto scomodo, fastidioso per le potenti famiglie politiche calabresi, oltre che oneroso per la proprietà. Una morte annunciata. Eppure carica di lati oscuri. Non è stata la crisi economica a provocarla. Fino a poche ore dalla chiusura, il giornale vendeva migliaia di copie in tutta la regione. A quanto pare, letale sarebbe stato il notevole debito contratto negli anni con lo stampatore, quell’Umberto De Rose, presidente di Fincalabra, di recente indagato dalla procura di Catanzaro per abuso d’ufficio e minacce. De Rose è stato catapultato sulle cronache nazionali nel febbraio scorso, quando avrebbe cercato di convincere l’editore dell’Ora della Calabria, Alfredo Citrigno, a censurare la notizia del coinvolgimento del figlio del senatore Ncd Tonino Gentile in un’inchiesta giudiziaria. Gentile era stato da poco chiamato a ricoprire l’incarico di sottosegretario. La bufera di polemiche scaturite dopo la pubblicazione sul web della registrazione di una telefonata in cui lo stampatore De Rose raccomandava a Citrigno di fare attenzione al «cinghiale ferito», spinse Gentile a dimettersi dal governo Renzi. Coincidenza: il debito accumulato dall’Ora della Calabria nei confronti del suo stampatore è diventato insostenibile proprio a poche settimane dal caso «cinghiale».
«Per noi non è più soltanto una questione di libertà di stampa. Adesso lottiamo per un reddito e per difendere il posto di lavoro. E possiamo vincere solo se riusciamo a organizzare un’alternativa dal basso», spiega Marco Cribari, del Comitato di redazione. Alfonso Bombini, giornalista dai tratti guevariani, sottolinea il coraggio del direttore Luciano Regolo: «Ha portato una rivoluzione nel mondo granitico e statico dell’informazione calabrese». E rilancia: «Il giornale lo facciamo noi che ogni giorno ci mettiamo la faccia e le notizie. La proprietà morale, civile e intellettuale è nostra. Ecco perché abbiamo dato vita al blog che non è solo un network. È il simbolo di una battaglia condivisa. Stiamo rompendo una temporalità ordinaria, introducendo il nostro calendario».
Frattanto scorrono veloci le ore nella redazione occupata. Al tramonto arrivano i colleghi per il turno di notte. Mani che si stringono, pacche fraterne. Si discute di un possibile sit-in per il 9 maggio, quando il prefetto di Cosenza riceverà liquidatore, Fnsi, Cdr e direttore. La partecipazione alla manifestazione si preannuncia larga e compatta. Messaggi solidali sono pervenuti da settori sociali diversi. Difficile non provare simpatia per questi lavoratori che si sono ripresi il corpo, il sapere, il tempo, la parola.