La scena più bella? L’esecuzione finale di Rituale, in cui la musica della One Shot Reunion del Perigeo si apre alla voce di Jasmine Tommaso, alla tromba di Fabio Morgera, al piano di Danilo Rea  ed alle loro improvvisazioni – riversandosi in un gioioso flusso sonoro sul pubblico estasiato in piazza SS.Annunziata. La cornice è quella prestigiosa del “Musart Festival di Firenze 2019”, conclusosi con un recital in solo di Rea, dopo le due ore di concerto del Perigeo la sera prima. Iniziata il 13, la rassegna ha proposto “spettacoli, visite a luoghi d’arte, docu-film, mostra forografica” ed ha usufruito di quello straordinario scenario che è p.zza SS.Annunziata: il grande palco montato sullo sfondo della basilica barocca, avvolto ai lati dall’Ospedale degli Innocenti e dalla chiesa di S. Maria degli Innocenti del Brunelleschi, in un crocevia storico-artistico di rara suggestione.

COME LEGGERE il concerto di Giovanni Tommaso (classe 1941) e compagni, che il leader (compositore, contrabbassista e bassista) ha definito un atto d’amore nei confronti dei fan del gruppo, scioltosi proprio a Firenze nell’autunno del 1977 con l’esibizione al Parterre di p.zza della Libertà? Gli spettatori sono accorsi numerosi e da tutta Italia, in gran parte “reduci” della stagione sonora (e politica) degli anni ’70 ma anche cultori di ogni età della musica del Perigeo (che gode di un successo ragguardevole su you tube), compresi giovani fan di quello che si chiamava progressive rock. In moltissimi hanno atteso gli artisti alla fine del recital per farsi firmare copertine di long playing e cd, per stringer loro la mano, scattare insieme selfie, esprimere gratitudine. Puro revival, quindi? Pur essendo presente questa componente “retrotopica”, l’operazione è stata più complessa. Intanto ha previsto mesi di preparazione, prove per riprendere un repertorio “lontano”, nonostante altre reunion dal 1993 al 2008. Franco D’Andrea, per motivi personali, non ha partecipato, sostituito brillantemente al piano e tastiere da Claudio Filippini e il gruppo è stato integrato alle percussioni e alla batteria dal focoso Alex “Pacho” Rossi, anche per supportare Bruno Biriaco (classe 1949), da tempo più compositore-arrangiatore-direttore che batterista.

LA QUESTIONE che Tommaso si è posto era quella di suonare un repertorio “storicizzato” facendolo, però, rivivere attraverso le odierne personalità e la storia dei componenti del Perigeo; sul palco c’erano anche Claudio Fasoli (sax soprano ricurvo e tenore, classe 1939) e Tony Sidney (chitarre, didatta apprezzato ed amato dai suoi allievi, classe 1952). Bene, al di là dell’emozione a tratti palpabile sia sul palco che nella vasta platea, la One Shot Reunion sembra riuscita, anche perché “one shot”. Intelligente la scelta della scaletta che si è sì strutturata sugli hit del Perigeo (La valle dei templi, Abbiamo tutti un blues da piangere, Via Beato Angelico…) ma ha proposto anche brani meno conosciuti e, in un paio di casi, inediti. Azimut dal primo album, Sidney’s Call a firma del chitarrista, Terra rossa di Claudio Fasoli conservano originalità e fascino e non sono stati “erosi” dal tempo. Interessante anche lo sconosciuto Il quartiere, scritto per un musical (Alice) mai andato in porto mentre nell’ultimo, sperimentale pezzo – prima dei bis – echeggiavano frammenti di The Festival, un lungo brano registrato dal vivo a Pescara nel 1976. Evidente la fatica e l’impegno fisico e psicologico di tutti i musicisti e Giovanni Tommaso, di solito prodigo di parole, era emozionato da tanta energia ed ha lasciato parlare soprattutto la musica. Temi, soli, arrangiamenti hanno rispettato gli originali, ampliando lo spazio per gli assoli in cui hanno brillato tutti, in particolare Tommaso e Sidney. Nel primo bis la figlia del contrabbassista, Jasmine, è stata invitata sul palco per una bella versione vocale di Abbiamo tutti un blues da piangere, arricchita dalla tromba di Fabio Morgera.

“NON POTETE CAPIRE” ha comunque detto Tommaso durante il recital “cosa stiamo provando a ritrovarci dopo tanto tempo. La cosa particolare è che dopo tutti questi anni ci vogliamo ancora molto bene”. Gli anni settanta non ritornano ma le loro tracce è importante che non vadano perse, tracce di un decennio centrale nella storia d’Italia a tutti i livelli, dalla politica alla musica ed alla sua diffusione. Chi si ricorda dell’ostracismo della critica jazz nei confronti del Perigeo? Che suonarono al Parco Lambro e in decine di altre manifestazioni sonore “movimentiste”? Che nell’ultimo biennio di carriera tenevano 150 concerti l’anno e che una generazione è stata conquistata al jazz dalla loro musica audace e sperimentale?