Vi ricordate il Gioco dell’oca? Certo, come dimenticarlo, insieme alla gazzosa e alla spuma da sorseggiare con una cannuccia, mentre i dadi volteggiavano impazziti tra le caselle.

Per una volta, si può mettere da parte la tentazione nostalgica e ritrovarsi ancora a toccare o annusare quel cartellone sul tavolo di casa. Il «feticcio» che viene da lontano e «accende i ricordi» vi apparirà in forma del tutto rinnovata, ma basterà lasciarsi andare alla suggestione. Niente giri di punizione se si sbaglia, ma parole che prendono all’amo favole inventate lì per lì. Una specie di «pista preferenziale» per la fantasia in libertà, ad uso e consumo dei lettori più piccoli, ma anche dei più grandi.

Il Gioco dell’oca è proprio uno dei protagonisti di un libro, fresco di stampa, proposto in un elegante formato cartonato dalle edizioni Corsare: A Ritrovar le Storie è il suo titolo e vede la collaborazione di due autrici – Annamaria Gozzi e Monica Morini – con una illustratrice assai particolare per il tratto del disegno anticheggiante, Daniela Iride Murgia (pp. 32, euro 18).

Non è un albo qualsiasi. Ha una nascita speciale, frutto di una gestazione di quattro anni in cui le autrici hanno fatto incontrare gli anziani delle case di riposo con i bambini della scuola primaria. A unire queste due generazioni così distanti in apparenza è stata la passione per la narrazione, quel riempire il tempo (immobile spesso per chi è entrato nella vecchiaia, in corsa per chi sta attraversando la vita con salti acrobatici e non sa dove vadano a dormire le ore quando lui si dirige verso il letto).

Ma un giorno, nella piazza di Tarot, arriva un saltimbanco con la sua oca. Siamo in un paese fatato, un luogo in cui «i pesci volavano e le rape crescevano sugli alberi, le storie se ne andavano a spasso portate dal vento. Uomini, bestie, piante, tutti erano protetti dal suono delle parole che, intrecciandosi, raccontavano e raccontavano. Poi, le parole cominciarono a sbiadire, a rimpicciolire. Accadde lentamente, nessuno ci fece caso…». C’era bisogno di qualcuno che riprendesse le fila di ciò che era andato irrimediabilmente perduto. Una presenza «irregolare», quella di chi sa tirar fuori dalle persone i segreti più profondi, scoprire mondi, risvegliare le emozioni.

Il Saltimbanco non segue la disciplina della scuola e lancia parole a caso. Ha però un’attitudine meravigliosa: sa ascoltare e fare tesoro di ogni cosa di cui viene a conoscenza e non censura mai pensieri e immagini. Così il bambino gli rivela il suo terrore per la luna piena, ma anche le formule magiche per combatterlo, una fanciulla il suo amore sfortunato, un nonno la sua ossessione per i funghi, un ragazzino la ninna nanna jazz che gli cantava la mamma. Mille storie popolarono allora il paese di Tarot e il mormorìo divenne la polifonia della vita. Quando il Saltimbanco abbandonò la strada, rimase quel Gioco dell’oca a rinverdire i fasti di una comunità capace di ricordare.