Le filmeur filmé potrebbe essere un titolo alternativo per Tonino de Bernardi. Un tempo, un incontro il ritratto che Daniele Segre dedica all’amico regista, presentato alle Notti veneziane delle Giornate degli Autori. Il film alterna interviste e repertori a sequenze in cui De Bernardi riprende chi lo riprende mentre una terza macchina abbraccia il gioco incrociato degli sguardi. Folgorato dal New American Cinema, in sessant’anni di film – quasi uno all’anno – De Bernardi non ha mai abbandonato la lucida follia dell’underground, la voglia di bucare la finzione con l’occhio della lente: «Ho iniziato a girare in 8mm perché costava meno, anche del super8, poi quando è arrivato il video ero felicissimo di poter finalmente girare quanto volevo» confida alla camera. Uno dei suoi primi approcci al cinema è con Il mostro verde (1967) girato insieme a Paolo Menzio e un manipolo di complici, tra cui Taylor Mead, Pia Epremian, i fratelli Spatola, e dedicato «Alle amiche e agli amici, sempre».

IL PENSIERO va a Patrizia Vicinelli, la poeta amatissima anche dopo avergli venduto la cinepresa per comprarsi della droga. La segue in Nordafrica ma non si riconosce nei paradisi artificiali di Tangeri. Poi scopre l’India con la compagna Mariella: filma la vita che sorprende, le mani, i piedi, i volti. Saranno sempre le persone a interessarlo, gli incontri a sospingere il suo sguardo attraverso l’esistenza. «Il cinema è la stampella che mi ha tenuto in piedi nonostante tutte le mie inabilità» dice l’ottantaquattrenne con gli occhi bambini di chi non ha mai smesso di giocare. Insegnante per tutta una vita – «il mestiere più bello del mondo» – De Bernardi sa che il gioco è cosa molto seria. La sua rivoluzione era portare l’arte tra la gente di Casalborgone, trasformare gli allievi in attori e maestranze disposte a passare la notte sotto le stelle pur di non lasciare il set. Piccoli capolavori sconosciuti, di cui Segre ripropone alcune sequenze, che andrebbero riscoperti.

CON LA PENSIONE, il cinema ha preso ancora più spazio: «la liquidazione l’ho investita, o meglio, l’ho spesa, per fare il mio primo film in 35mm» rammenta e, al termine della proiezione in Sala Laguna, ricorda che Piccoli orrori (1994) non sarebbe esistito se non fosse stato per le capacità del direttore della fotografia, Tommaso Borgstrom «partito troppo presto». A lui si affidano grandi interpreti come Anna Bonaiuto, Iaia Forte e Galatea Ranzi che ritroverà in Appassionate (1997). Perché Tonino, che ha saputo conquistare Isabelle Huppert convincendola a girare Mèdée Miracle (2007), ha gusto per le donne di genio e infatti il suo prossimo film sarà un omaggio ad Anna Maria Ortese: «lo voglio intitolare 2020: Il mare non bagna Napoli con la data come riferimento a Kubrick».