Sono migliaia i medici, soprattutto donne, che, malgrado le loro convinzioni, decidono di dichiararsi obiettori nei confronti dell’aborto volontario (legge 194). Questo particolare comportamento rientra nella famiglia sempre più larga di quei fenomeni molto diffusi e molto costosi riassumibili con l’espressione “medicina difensiva” (si stima un danno finanziario di almeno 10 mld l’anno).

In generale il “medico opportunista” per cautelarsi da una serie di rischi legali finisce con il prescrivere analisi e trattamenti inutili. In particolare i “ginecologi opportunisti” sono coloro che, senza una convinzione autentica, si dichiarano obiettori per difendere la loro professione dalle disorganizzazioni sanitarie, dal rischio di specializzarsi solo come “interruttori” e dall’essere esclusi da qualsiasi possibilità di carriera professionale. Tutti costoro non fanno altro che difendere la loro professione dalla discriminazione professionale, dal momento che chi accetta di fare Ivg (interruzione volontaria della gravidanza) è come condannato a farlo fino alla pensione.

Questo fenomeno, come dimostrano i dati, è andato nel tempo sempre più crescendo al punto che, in molte Regioni, è diventato la prima causa della disapplicazione della legge 194, causando un danno alle donne di incalcolabile, dolorosa vastità. Le contraddizioni sono enormi: donne che vanno contro le donne, professioni, cioè esecutori di leggi, che abrogano delle leggi, diritti negati per affermare altri diritti ecc.

Contro questa situazione grave è intervenuto il parlamento che con una Risoluzione ha chiesto alla ministra Lorenzin, quindi al governo, di ripristinare minime condizioni di legittimità(richiesta sino ad ora ignorata). Hanno preso posizione sindacati, parti politiche, associazioni femminili, personalità della cultura….ma non la “Federazione nazionale degli ordini dei medici” (Fnomceo). Nonostante sollecitazioni formali, proteste e le lettere aperte pubblicate dai giornali la Federazione si è del tutto disinteressata del problema.

Il silenzio della Fnomceo è preoccupante, quasi ad indicare la scollatura che esiste tra questi particolari enti pubblici non economici sorti in difesa dei cittadini, e i problemi reali delle persone; ma tacere è ancor più incomprensibile se si pensa che da alcuni anni la Fnomceo ha istituito al suo interno un “Osservatorio” dedicato alle donne medico, ormai maggioranza nella categoria, con lo scopo di tutelarle da ogni forma di discriminazione.

Questo silenzio, a sua volta, rischia di apparire come un comportamento opportunistico che chissà per quali contorte logiche tattiche arriva a negare i suoi scopi istituzionali, “Osservatorio” compreso, proponendosi quale dis-ordine nei confronti del dis-ordine (il prefisso dis significa allontanamento di qualcosa da una condizione di normalità).

A rendere ancor più iperbolica questo paradosso, è che tutto avviene mentre la Fnomceo sta discutendo di deontologia apprestandosi a varare il suo nuovo codice deontologico. A parte le contestazioni interne che questo codice ha ricevuto da tanti ordini provinciali, viene da chiedersi: quale credibilità ha la deontologia medica se tanto i cittadini che i medici sono per prima cosa deontologicamente irrilevanti innanzi tutto agli occhi degli ordini? Quale credibilità hanno gli ordini se diventano dis-ordini? Le domande non sono né retoriche, né provocatorie e vanno ben oltre la questione delle obiezioni opportunistiche, dal momento che esse alludono ad una “questione medica” che per tante ragioni oggi sta toccando punte di disgregazione dell’identità professionale senza precedenti.

Noi che crediamo nella Fnomceo, riteniamo che essa abbia il dovere di difendere, come dice la sua legge istitutiva, i diritti dei cittadini e dei medici. Nel caso dell’obiezione “opportunista” questi diritti sono speculari e complementari: per negare quelli delle donne si devono prima negare quelli di chi lavora; vi è un problema urgente sia di tutela della professione che di tutela della salute della donna; non è possibile assicurare alle donne i loro diritti se non assicurando gli stessi diritti ai medici che lavorano.

Siamo sorpresi che alla Federazione dei medici sfugga l’aspetto più inquietante della tragedia, vale a dire la coartazione della volontà tanto delle donne che dei medici. La deontologia medica da secoli si fonda sul binomio cura/libertà, binomio che fa della libertà del cittadino e del medico una sola ed unica libertà e della libertà il fondamento della deontologia. L’essere obbligati, in diverso modo, a fare delle scelte professionali contro la propria coscienza, è una forma di coartazione grave della libertà. Come per le donne rinunciare ai propri diritti. I ginecologi che non obiettano perché coerenti con le loro convinzioni personali, sono costretti a fare aborti come una catena di montaggio, considerati medici di serie B, vittime dell’ostilità delle direzioni sanitarie e dei direttori generali, impossibilitati a partecipare a convegni, costretti a turni massacranti, minacciati, senza possibilità di fare concorsi.

Cosa altro ci vuole per indurre la Fnomceo a intervenire autorevolmente sulla questione? A sollecitare l’autorità pubblica a perseguire i reati contro la 194, a denunciare le responsabilità politiche delle Regioni, a rivendicare presso il governo i giusti commissariamenti, a intervenire nei confronti di coloro che nelle singole aziende sanitarie sono tecnicamente e amministrativamente responsabili di questo scempio di legalità?