«Insomma a Palazzo Chigi c’era una merchant bank che parlava con la ’c’ aspirata» punzecchia un ex Pd parafrasando la velenosa battuta che infilzò Massimo D’Alema e i suoi lothar ai tempi dei «capitani coraggiosi». «Io ho fatto il ministro per sette anni e mi si vada e vedere quando ho mai trattato diversamente una cosa di Piacenza da un’altra. Un conto se sei un parlamentare, un conto se sei un ministro», dice ai cronisti di Montecitorio Pier Luigi Bersani. Dai 5 stelle a Mdp la richiesta di dimissioni della ministra Boschi è già un classico. «I tentativi di trovare un compratore per Banca Etruria sono stati quanto meno maldestri. E la commissione banche per il Pd si è risolta in un clamoroso autogol», dice Davide Zoggia (Mpd).

MA È UN GIUDIZIO CHE ORMAI pronunciano a mezza bocca anche i big renziani. I non toscani parlano di «risultato disastroso della commissione». E il passo indietro di Boschi anche nel Pd è una richiesta generale, anche se nessuno la formula. «La questione è politica, la Boschi non ha fatto nulla, non c’è da chiedere nessun passo indietro. Se, però, lei facesse una valutazione sarebbe diverso», dice un esponente della minoranza. Ieri il ministro Orlando era a Malta per un incontro sulla cooperazione giudiziaria ed ha preferito non commentare. Ma è stato il primo a definire la commissione «una trappola autoprodotta in cui poi siamo caduti». Fra i suoi ora circola la richiesta di una riunione di direzione «per un chiarimento politico». Prima che si compongano le liste. Anche perché l’elenco dei territori che diffidano il Nazareno dal catapultare l’ex ministra comincia ad essere lungo: Trentino, Arezzo (il segretario locale ha spiegato che casa sua è «l’epicentro della discordia»), la Basilicata, Napoli.

RENZI FIN QUI è stato convinto che il «caso Boschi», rigorosamente negato dalla propaganda di partito, presto si sarebbe sgonfiato. Ora però deve ascoltare anche i suoi, più leali. C’è chi gli spiega: «Per il caso banche perdiamo un punto al mese. La Boschi è diventata un problema. Non candidarla sarà difficile, forse improbabile, ma non impossibile. Ne discuteremo tutti insieme a gennaio. Certo è che lei ci sta facendo male».

DIFFICILE CHE RENZI la molli o che le chieda un passo indietro. Difficile che lei lo faccia, ora che ha incassato, dice lei, le conferme di Visco e Ghizzoni sul fatto che il suo attivismo pro Etruria è stato un comportamento «normale, non certo inusuale per un ministro».

In realtà tutti hanno capito il contrario. Ieri alla fine dell’audizione dell’ex ad di Unicredit, l’autodifesa del Pd ha assunto toni da ok corral. La versione del Nazareno è che il manager ha rafforzato la posizione di Boschi e smentito l’articolo di De Bortoli. Chi sostiene il contrario diffonde «fake news», come scrive Matteo Orfini su facebook prendendosela con il sito del Corriere della sera. La sentenza sulla vicenda giudiziaria che oppone Boschi a De Bortoli toccherà a un giudice. Sempreché arrivi in giudizio. Nel Pd l’eventualità fa scattare sorrisini di scetticismo.

AL DI LÀ DEI DISPERATI TENTATIVI di far passare sui media la propria verità, la realtà è che il Nazareno è in pieno marasma. Ghizzoni ha rivelato l’esistenza di una mail ricevuta da Marco Carrai nel 2015: «Mi è stato chiesto di sollecitarti», gli scrive. Chiesto da chi? «Carrai non ha niente a che fare con il Pd», dice il capogruppo alla camera Rosato a spregio del ridicolo. Poi Carrai precisa che agiva a nome di «un cliente» che «stava verificando il dossier di Banca Federico Del Vecchio, storico istituto fiorentino di proprietà di Etruria».

IN TRANSATLANTICO si rincorrono vocisul disappunto di Renzi per questa mail. «Di cui non sapeva nulla». Ma è chiaro che l’entrata in scena di Carrai fra le comparse renziane nella commedia delle banche, personaggi che bussano alle porte di banchieri e ne escono  snobbati e perdenti, è la classica goccia che fa traboccare il vaso in un Pd già in grande fibrillazione.

Carrai, dasempre uomo di fiducia di Renzi, siede nel cda di Open, la fondazione che raccoglie fondi per l’attività politica del leader Pd. Con lui ci sono la stessa Boschi, Luca Lotti e Alberto Bianchi, avvocato da molti indicato come «mente» del Giglio Magico, la guardia pretoriana del capo. Che ormai però sta sullo stomaco a molti. Urge un cambio di passo, spiega un deputato: «Siamo nell’angolo, non riusciamo a uscirne. O facciamo una mossa subito per rialzarci o finiamo a terra».