Il gigante dai piedi d’argilla
ManiFashion Troppe sfilate per la moda che deve sopportare numeri giganteschi. Serve una razionalizzazione, ma il problema resta la mancanza di inventiva
ManiFashion Troppe sfilate per la moda che deve sopportare numeri giganteschi. Serve una razionalizzazione, ma il problema resta la mancanza di inventiva
Una grande confusione regna sotto il cielo della moda che deve sopportare numeri giganteschi. La Camera Nazionale della Moda Italiana, la Fédération Française de la Couture du Prêt-à-Porter e il British Fashion Council si sono da poco accordati per una razionalizzazione dei calendari delle sfilate.
Gli appuntamenti annuali con le fashion week più importanti sono numerosissimi: 4 a Milano, 6 a Parigi (comprese le due per la Haute Couture), 4 a Londra e 2 a New York. La presentazione delle collezioni femminili autunno/inverno nelle quattro città principali occupa un mese intero, più o meno dal 5 febbraio al 5 marzo. Contando sui calendari delle quattro fashion week, nella scorsa edizione di febbraio-marzo 2014 ci sono state 599 sfilate. Con lo stesso metodo di calcolo, 20 anni fa, nel 1994, ne sono state contate 132 e 10 anni fa, nel 2004, ci si ferma a 198, mentre le giornate di sfilate sono passate dai 22 giorni del 1994 agli oltre 30 del 2014.
Quindi, se un coscienzioso operatore, giornalista o compratore, volesse presenziare a tutte le sfilate, lo scorso febbraio avrebbe dovuto assistere a circa 19 sfilate al giorno: calcolando che il tempo necessario per ogni sfilata è di circa un’ora e che ogni sfilata si svolge in una location diversa, spesso distante dalla precedente, la missione è impossibile. Il sistema, però, è visibilmente in crash perché alla fine di ogni sessione le sfilate che restano nella memoria di tutti, stampa e buyers, sono le solite quattro o cinque per fashion week, e cioè quelle in cui lo stilista riesce a rappresentare il proprio mondo creativo staccandosi dalla rappresentazione commerciale dell’abito. Anche perché, al momento della sfilata la maggior parte dei marchi hanno già completato i budget di vendita stagionali con le così dette pre-collezioni, cioè quelle che si ritrovano in vendita nei negozi perché le collezioni che si vedono in sfilata sono dedicate a rappresentare il picco creativo dello stilista e i negozianti ordinano pochi capi per lo più per esibirli nelle vetrine.
E allora, perché si fanno le sfilate? La risposta più logica sarebbe che è proprio nel momento della sfilata che prende vita quella differenza tra l’abito (concretezza) e la moda (idea creativa) che molti si ostinano a non prendere in considerazione, con la conseguenza che spesso sulle passerelle salgono solo gli abiti perché dietro non c’è un pensiero di moda. Sono queste le sfilate che cadono nel dimenticatoio e che alimentano la confusione che regna all’interno del gigantismo di cui è affetto il fashion system.
Prima che la moda diventi un gigante dai piedi di argilla e crolli su stesso, quindi, vanno presi dei provvedimenti. Qualche anno fa, Patrizio Bertelli, Ceo di Prada, aveva proposto almeno di riunire la presentazione della moda maschile e femminile in un sola sfilata e di stabilire tempi più consoni alle esigenze commerciali, in due appuntamenti annuali di fine giugno e fine gennaio. Purtroppo, un messaggio finora inascolato.
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