Il divenire continuo che caratterizza la vita in ogni giardino, al pari con la consapevolezza del suo dipendere da noi in quanto artificio, la sua impermanenza e il suo trasformarsi con il variare di sensibilità e culture che pure lo rendono costitutivamente sempre a noi contemporaneo, tutto ciò ci confronta con il tema del disfarsi e ricomporsi dell’identità del «progetto originale», come pure, oltre la sua primitiva costituzione d’avvio, con il nodo delle molte sue vite a seguire. Le tante afterlife cui vanno incontro in particolare quella sorta di documenti viventi che sono, a vario titolo, i giardini storici. E che sempre – nel sommarsi di soluzioni che temporalmente li attraversano, in andirivieni di mode e tendenze, come poi nel palinsesto di sovrascritture di restauri (anche a noi vicini) e ripensamenti teorici sul come operarli – si riattualizzano del nostro ineludibile contemporaneo operare nel segno del progetto (o, altrimenti, anche solo «per forza di non fare»).
Che si tratti, in varietà di gradazioni, di coniugare filologicamente ma propositivamente conservazione e nuovo progetto, fino invece ad attivare, nella polimorfica vicenda di coevoluzione tra arti e giardini, riletture volte a produrre complementari «nuove poetiche», convocando questa volta l’arte contemporanea.

DI QUESTO ASSIEME di snodi teorici e dei suoi molteplici risvolti metodologici e operativi si discuterà nel simposio Il giardino tra il recupero del passato e il dialogo con l’arte contemporanea che si terrà a Roma, a Villa Medici il 12 e 13 febbraio nel Grand Salon (dalle 9.30 alle 18.30 con ingresso libero, senza prenotazione).
Organizzato dall’Accademia di Francia con l’Associazione parchi e giardini d’Italia e dal Comitato scientifico presieduto da Alberta Campitelli, l’incontro mette in tensione con ben congegnata misura i due fattori.
Da un lato, sottolineando la centralità della relazione tra gestione, conservazione e restauro nel progettare e operare interventi nei giardini storici. E proponendo con il concorso di molteplici punti di osservazione e analisi di casi tra Italia, Francia e Penisola iberica una riflessione che, pur evidenziando buone pratiche, non potrà esimersi dal rilevare un parziale arretramento delle attuali politiche di intervento – o non intervento, almeno in Italia – che rischiano di vanificare un lavoro ben avviato, anche in realtà complesse, ad esempio della capitale.

DALL’ALTRO, ESPLORANDO il rilievo dell’innesto di opere d’arte contemporanea nei giardini, come già in quelli storici a Villa Medici o come a Pratolino o Boboli e poi nei parchi di sculture, dall’arte ambientata – con il giardino che incornicia l’opera – all’arte ambientale dove, in relazione stretta con la specificità del luogo, l’autore lavora anche con il paesaggio degli spazi.
E non sarà un caso, che proprio nell’ambito delle due giornate si presenti pure il progetto dell’imminente restauro dei giardini storici dell’Accademia di Francia a Roma, a cura di Pierre-Antoine Gatier, nonché, in un ideale continuum di intraprese, per il 28 febbraio – sempre a Villa Medici – si annuncia l’inaugurazione della mostra su Anne e Patrick Poirier, le cui opere ritroviamo poi tanto nelle ville medicee che in numerosi giardini contemporanei.