Ormai è un dato di fatto. Dalla mezzanotte di ieri è entrata in vigore la nuova normativa per la gestione dell’emergenza migranti. Essa considera un crimine l’ingresso illegale nel paese e prevede l’espulsione o il carcere fino a tre anni.

Il passaggio dalla teoria alla pratica non si è fatto attendere: ieri le agenzie hanno riferito di 174 persone arrestate dalla polizia per aver cercato di entrare illegalmente nel paese dalla Serbia. L’annuncio sarebbe stato dato in conferenza stampa da György Bakondi, consigliere per la sicurezza del primo ministro Viktor Orbán. La barriera che corre lungo la frontiera con il paese balcanico è ormai pienamente operativa. 175 chilometri di struttura metallica e fil di ferro sorvegliata da un ingente dispiegamento di forze. Si parla di migliaia di uomini fra agenti di polizia, alcuni dei quali a cavallo, militari, cani poliziotto e mezzi blindati. La zona è inoltre pattugliata dagli elicotteri.

Numerosi migranti e profughi si sono ammassati in territorio serbo di fronte al valico di frontiera di Horgos 2; molti di loro sono arrivati avantieri notte e hanno piazzato sul posto delle tende dove aspettare la possibilità di entrare in Ungheria e un centinaio di loro ha iniziato uno sciopero della fame per protesta contro la chiusura della frontiera.

Sono momenti concitati, la pressione dei flussi in arrivo continua a essere forte e le autorità ungheresi hanno decretato lo stato di emergenza nelle province di Bács Kiskun (Ungheria centro-meridionale) e di Csongrád (Ungheria meridionale). Del resto, la sera prima la polizia aveva registrato un nuovo record giornaliero di arrivi: 9.380 migranti e profughi.

Il governo ha mantenuto la sua promessa: sigillare il confine con la Serbia dal quale arriva la stragrande maggioranza dei migranti. Per lo più siriani, afghani, iracheni e pachistani che seguendo la rotta balcanica cercano di entrare in Ungheria al fine di attraversarla e raggiungere un paese dell’Europa occidentale in cui stabilirsi. Del resto le autorità di Budapest affermano da tempo che il modo migliore di affrontare questa emergenza è difendere a dovere i confini di Schengen. «La politica delle quote non è una soluzione – aveva detto qualche settimana fa il ministro degli esteri Péter Szijjártó –, essa incoraggia l’immigrazione illegale e l’attività dei trafficanti di esseri umani».

Per Szijjártó se l’Ungheria non difenderà i confini nazionali il numero dei migranti che raggiungeranno il suo territorio entro la fine dell’anno potrebbe salire a 400-500 mila. Secondo le forze dell’ordine dal primo gennaio sono arrivati oltre 200 mila richiedenti asilo, la maggior parte dalla Serbia. Un dato di molto superiore a quello registrato l’anno scorso.

Da tempo il premier Orbán afferma il diritto di ogni stato a organizzarsi in modo autonomo e a seconda delle sue esigenze specifiche per affrontare l’emergenza. I numeri parlano chiaro: da tempo il paese è sottoposto alla pressione crescente di flussi migratori che secondo il premier minacciano non solo l’Ungheria ma tutto il Continente. «Se non li fermiamo sarà la fine per l’Europa» ha detto di recente a Bruxelles e aggiunto che di questo passo se non si fa qualcosa i migrati arriveranno a decine di milioni.
Il confine con la Serbia è blindato. I migranti che passano illegalmente lo fanno a loro rischio e pericolo. Sarebbero già stati avvisati con volantini diffusi, secondo l’esecutivo, lungo il percorso meridionale che porta in Ungheria: «Violare il confine è un crimine che verrà punito con la prigione» c’è scritto.

La necessità di rendere più severe le regole è stata sottolineata più volte ma con particolare vigore dopo il ritrovamento in Austria, a fine agosto, del tir con 71 migranti morti asfissiati. Da lì il governo ha ritenuto di muoversi per scoraggiare efficacemente l’immigrazione clandestina e punire i migranti che scelgono la strada dell’illegalità per cambiare paese, e naturalmente i trafficanti di esseri umani. «Abbiamo chiesto al governo ungherese chiarimenti sulle nuove leggi e porteremo avanti il dialogo prima di trarre conclusioni» ha detto Natasha Bertaud, portavoce del commissario europeo Dimitris Avramopoulos che oggi sarà a Budapest.

Intanto in Ungheria l’opposizione degli ambienti progressisti della società civile alla politica intrapresa dall’esecutivo sul fronte migranti resiste; domenica scorsa a Budapest c’è stata una manifestazione di protesta nei confronti delle nuove norme. Ma Szijjártó ha annunciato in conferenza stampa che l’esecutivo intende blindare anche il confine con la Romania.