Decine di corpi di naufraghi, tra cui quelli di tre bambini e di una donna incinta, sono stati recuperati ieri dalle guardie di frontiera e dalla polizia turche sulle spiagge del litorale davanti all’isola greca di Lesbo. Il primo naufragio è stato segnalato al mattino, il secondo nel primo pomeriggio e in entrambi i casi le operazioni di recupero e di ricerca dei superstiti sono state ostacolate dalle condizioni proibitive del mare. Le acque grigie e agitate dell’Egeo hanno restituito a sera 36 corpi in tutto.

Non è stato possibile ricostruire quante barche o gommoni si siano ribaltate o quante persone fossero a bordo. La gendarmeria locale ha scoperto 24 cadaveri sulla sabbia di Ayvalik e altri 10 a Dikili. Un testimone rimasto anonimo ha detto all’agenzia di stampa turca Dogan di aver sentito il rumore secco di uno scafo che colpiva le rocce. «Siamo corsi qua – inteso sulla marina di Ayvalik – per vedere se potevamo fare qualcosa, aiutare, come semplici cittadini».

I poliziotti turchi sono riusciti, impiegando tre imbarcazioni della guardia costiera e un elicottero, a salvare otto migranti, riferisce la stessa agenzia, incontrando difficoltà a districarsi tra i giubbotti arancioni di salvataggio dispersi nel mare agitato, alcuni vuoti e altri ancora indossati da persone allo stremo delle forze, quindi sostanzialmente immobili. Non sono stati avvistati o tratti in salvo altri migranti a Dikili, distretto il cui capoluogo è la città di Smirne.

I corpi senza vita sono stati accatastati temporaneamente in un complesso residenziale, «I gabbiani», vuoto in questa stagione. Le spiagge teatro della nuova strage d’inizio anno d’estate sono infatti località turistiche affollate.

Così, anche i superstiti e i migranti intercettati durante le traversate verso le isole greche, nuova porta d’accesso verso l’Europa sulla rotta balcanica, vengono ammassati nei residence per le vacanze sia sulla sponda turca sia su quella greca.

E proprio a Lesbo, nel nuovo «hot spot» di Moria, che ospita già 3mila persone tra cui un migliaio di siriano trasferiti lì prima di Natale dal campo profughi di Kara Tepe, si è verificato un’impasse nelle registrazioni e nel prelevamento delle impronte digitali – operazioni propedeutiche al rilascio dei migranti – perché la maggior parte degli agenti di Frontex ha abbandonato il lavoro per raggiungere le famiglie per le feste, secondo quanto hanno denunciato i media greci.

Il governo di Atene prima delle festività invernali ha anche organizzato un tavolo di coordinamento con le agenzie dell’Onu e della Ue che si occupano di rifugiati e con le ong locali per cercare di garantire al meglio l’assistenza ai profughi.

Sulla sponda turca però il freddo e il cattivo tempo invece di funzionare da deterrente, sembrano servire da sprone ai migranti, che di fronte all’inverno, non potendo lavorare nè spostarsi dai campi, continuano a sfidare le avversità per tentare di raggiungere la riva europea. Ieri, in base alla ricostruzione della gendarmeria turca, i due naufragi sono avvenuti attorno alle cinque del mattino, all’alba. E ciò fa supporre che a concorrere alla morte dei 36 migranti ci sia stato anche il gelo delle acque.
Il portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni Joel Millman ha confermato ieri da Ginevra che «i migranti continuano a entrare in Grecia dall’Asia minore ad un ritmo di 2.500 al giorno. La stessa media già segnalata a dicembre, prima dell’entrara in vigore dell’accordo firmato a metà novembre tra Unione europea e Turchia per il controllo del flusso migratorio. «È prevedibile che continueranno così per tutto l’inverno», è la previsione di Millman.

Le vittime di ieri erano di nazionalità siriana, afghana e algerina, riferisce il quotidiano turco Sabah. E anche il governatore del distretto di Ayvalik, Namik Kemal Nazli, parlando con la stampa ha ammesso di aspettarsi che il bilancio delle vittime si aggravi nei prossimi giorni e settimane.