Turgut Gambar è un attivista del movimento azero N!DA. È a Roma per un incontro organizzato da Re:Common e Amnesty dal titolo «La Trappola del Gas, dall’Azerbaigian al Salento», a cui hanno partecipato anche esponenti del Comitato No Tap, dal momento che proprio il gas azero è destinato a scorrere nei tubi che dovrebbero attraversare il Salento all’altezza di San Foca.

Quanto importante è il gas nell’economia azera e quanto influisce sulla vita politica del tuo Paese?
Petrolio e gas sono le nostre risorse principali. Al momento l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, inaugurato nel 2005, porta il greggio fino in Europa. Ora il governo guidato da Ilham Aliyev sta spingendo per la realizzazione di un gasdotto che dall’Azerbaigian arriverà fino in Italia, dove è previsto il punto di approdo del TAP, il Trans Adriatic Pipeline. È indubbio che queste risorse definiscono in maniera molto netta le relazioni tra il mio Paese e l’Europa. Noi però non vogliamo che la questione abbia delle ricadute sui diritti umani.

Come è attualmente la situazione dei diritti umani nel tuo Paese?
Dopo il 2010, in coincidenza con le primavere arabe, i movimenti civili hanno ripreso forza, ma negli ultimi tempi il governo di Aliyev ha aumentato la sua pressione autoritaria. Molti attivisti sono stati arrestati con accuse fasulle, dalla frode fiscale alle violenze private, al possesso di droga. Varie organizzazioni sono state colpite in altro modo, visto che sono stati congelati i loro conti correnti. Le manifestazioni autorizzate o non autorizzate sono spesso contraddistinte da un livello molto alto di repressione. La libertà di espressione è molto limitata e non ci sono tv e radio indipendenti.

Di che cosa si occupa e che cosa fa in concreto il movimento di cui fai parte?
Noi siamo nati nel febbraio del 2011 e possiamo contare su 400 membri. Il nostro obiettivo consiste nel cercare di democratizzare il nostro Paese tramite mezzi non violenti. Attualmente 10 di noi sono detenuti in prigione, alcuni di loro sono accusati di aver preparato bombe molotov o di aver compiuto altri azioni per creare disordini. Noi siamo in rete con le altre realtà attive della società civile azera, ci coordiniamo attraverso i social network per creare un buon livello di mobilitazione e c’è un livello molto alto di cooperazione. In Azerbaigian i social network sono ancora liberi e accessibili a tutti, sebbene i segnali che provengono dal governo in merito sono molto inquietanti. Tanto per darti un’idea, ci sono alcune persone della nostra organizzazione attualmente in prigione per aver rivolto critiche e preso in giro il governo tramite Facebook.

Il 20 settembre il premier italiano Renzi si recherà in Azerbaigian. Che cosa dovrebbe fare l’Italia in questi mesi di presidenza di turno dell’Ue?
Dovrebbe farsi sentire sulla questione della tutela dei diritti umani e dovrebbe chiedere al governo di fare delle serie riforme e di rilasciare i prigionieri politici. Ci sono oltre 100 prigionieri politici nel mio Paese, circa 15 arrestati di recente e due di loro stavano proprio compilando una lista dei prigionieri politici detenuti.

Cos’altro potrebbe fare l’Italia a livello politico?
Potrebbe cambiare la sua linea al Consiglio d’Europa. In quel consesso di solito i delegati italiani non votano a favore della tutela dei diritti umani. Una tendenza che deve assolutamente cambiare.

Nell’estate del 2015 Baku ospiterà la prima edizione dei Giochi Olimpici Europei. Come si sta preparando il tuo Paese?
Dopo l’Eurovision nel 2012, un altro grande evento che si svolgerà a Baku. A un anno esatto dall’inizio dei giochi c’è stato uno spettacolo di fuochi artificiali, così da ricordare alla popolazione dell’evento. Penso che i media europei dovrebbero usare questo evento, sponsorizzato da una grande compagnia europea come la Bp, per mostrare ai loro lettori come vanno le cose in Azerbaigian, mostrare come va le vita nel paese che ha attualmente la presidenza del Consiglio d’Europa.

* Re: Common