Ammonizione per il Jobs Act: il Garante della privacy, Antonello Soro, ieri ha messo in guardia il Parlamento sulla possibilità che il decreto attualmente in discussione, quello sul controllo a distanza, possa violare diritti sensibili dei lavoratori. Il responsabile dell’authority ha parlato in occasione della Relazione annuale dell’ente: il decreto all’esame delle Camere, ha detto Soro, deve impedire «forme ingiustificate e invasive di controllo» dei lavoratori, «nel rispetto della delega e dei vincoli della legislazione europea», evitando «una indebita profilazione delle persone che lavorano».

«È auspicabile – ha proseguito il Garante nella Relazione al Parlamento- che il decreto legislativo sappia ordinare i cambiamenti resi possibili dalle innovazioni in una cornice di garanzie che impediscano forme ingiustificate e invasive di controllo, nel rispetto della delega e dei vincoli della legislazione europea. Un più profondo monitoraggio di impianti e strumenti non deve tradursi in una indebita profilazione delle persone che lavorano». «Occorre sempre di più coniugare l’esigenza di efficienza delle imprese con la tutela dei diritti».

«Nei rapporti di lavoro – ha continuato nella sua analisi Soro – il crescente ricorso alle tecnologie nell’organizzazione aziendale, i diffusi sistemi di geolocalizzazione e telecamere intelligenti hanno sfumato la linea, un tempo netta, tra vita privata e lavorativa».

Questo quanto scritto nella Relazione, ma poi il Garante si è intrattenuto con i cronisti, precisando ancora meglio il senso delle sue parole: «L’aggiornamento del controllo a distanza, dopo 45 anni, rientra nella fisiologia dei comportamenti dei Parlamenti – ha spiegato – Conta però che questo aggiornamento avvenga in una cornice di garanzie, nel rispetto della legislazione europea e dei diritti delle persone». Nella sostanza ciò significa, ha specificato quindi, che «tutte le informazioni che il datore di lavoro potrà legittimamente trarre dal controllo a distanza» vengano raccolte «senza che se ne faccia uso per il controllo totalizzante e per la profilazione delle persone»: occorre sempre «separare con nettezza la finalità dell’aumento dell’efficienza dell’impresa e il controllo totalizzante, che non è consentito dalla normativa Ue».

Un appello quindi innanzitutto ai vincoli della Ue, principi – quelli relativi alla riservatezza e al rispetto della privacy – contenuti anche nella nostra Costituzione. Diritti riconosciuti ormai tra quelli fondamentali della persona.

A Soro ha replicato la ministra delle Riforme Maria Elena Boschi: «Il Garante – ha detto – ha auspicato il giusto equilibrio, che il governo ha ben presente, tra il diritto alla riservatezza dei lavoratori e la modernizzazione della disciplina alla luce dei nuovi strumenti tecnologici». Questo aspetto «è già nel testo del governo: se nei pareri delle commissioni ci saranno ulteriori suggerimenti – ha concluso – li terremo in considerazione».

A rispondere, più tardi, con una nota, è anche il ministero del Lavoro: le nuove norme, spiega il comunicato, «adeguano la disciplina oggi vigente del 1970 alle innovazioni da allora intervenute, rispettando le indicazioni che il Garante della Privacy ha fornito negli ultimi anni, in particolare con le linee guida del 2007 sull’utilizzo della posta elettronica e di internet».

Il ministero ribadisce inoltre che «per quanto riguarda gli strumenti che vengono assegnati al lavoratore» per rendere la prestazione lavorativa« (quali cellulari, tablet e pc) non si autorizza nessun controllo a distanza, ma si chiariscono semplicemente le modalità e i limiti per l’utilizzo di questi strumenti e dei dati raccolti attraverso di essi».

È la seconda volta, in pochi giorni, che il ministero deve tornare a difendere il decreto: lo aveva fatto, con una nota ancora più lunga, molto più dettagliata, e dobbiamo dire in alcuni passi anche parecchio criptica, una settimana fa, quando la segretaria della Cgil Susanna Camusso aveva attaccato frontalmente il provvedimento, parlando di un «Grande fratello».

L’allarme di Soro è invece stato raccolto dalla presidente della Camera, Laura Boldrini, che ha chiesto di fare «chiarezza nel dibattito parlamentare sul tema dei controlli a distanza». Contro il Jobs Act si è espressa Sel, mentre Cesare Damiano (Pd), presidente della Commissione Lavoro della Camera, ha auspicato un «confronto per superare le ambiguità del testo». Cauta anche Annamaria Parente, capogruppo Pd in Commissione Lavoro del Senato : «Ascolteremo le parti sociali e il monito del Garante».

La Cgil ieri ha animato due flash mob, a Roma e a Bari, in vista della campagna «No accordo, no controllo», per sottolineare che in assenza di contrattazione il sindacato contrasterà l’applicazione della norma.