In una lettera al Viminale circa il caso della nave della Guardia costiera Diciotti, il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, Mauro Palma, ha scritto: «La mancata autorizzazione allo sbarco, con l’impossibilità di valutare le singole situazioni, appare ancora più critica visto che la maggior parte sono di nazionalità eritrea e dunque in “evidente bisogno di protezione internazionale”. Il trattamento riservato finora è in contrasto con il diritto di accedere alla procedura d’asilo».

È possibile per il governo negare l’approdo alla Diciotti?
Quello che sta facendo il Viminale non ha fondamento giuridico. Le navi della Marina sono territorio italiano, chi è a bordo deve poter esercitare i diritti che hanno coloro che sono nel paese, assicurati sia dal nostro ordinamento che dal diritto internazionale. Quando la Diciotti era in mare aperto, i migranti godevano della protezione dell’articolo 3 della Convenzione europea per cui «nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti». Basta considerare che non c’è posto per tutti sottocoperta, il rischio che una situazione come questa degeneri verso il trattamento inumano è molto alto.

E una volta arrivati a Catania?
Se è vero che la vicinanza alla terra ferma attenua i rischi di violare l’articolo 3, resta l’articolo 5 della Convenzione europea: la privazione della libertà deve essere giustificata da un provvedimento impugnabile davanti all’autorità giudiziaria. Nel caso dei migranti sulla Diciotti non c’è nessun provvedimento e siamo molto oltre persino le regole per il fermo di pubblica sicurezza.

Le norme italiane cosa prescrivono?
Adesso che i naufraghi sono anche fisicamente sul nostro territorio già da lunedì sera, è ancora più tangibile la necessità di rispettare l’articolo 5 ma anche l’articolo 13 della Costituzione italiana: «Non è ammessa forma alcuna di detenzione né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria». È poi gravissimo che i minori non siano stati fatti scendere subito: devono essere accolti e accolti in Italia. Alcuni paesi europei avrebbero voluto estendere i respingimenti anche a loro ma le leggi in vigore sono chiare. Infatti è già intervenuto il Garante per l’infanzia.

Cosa rischia l’Italia?
Se uno dei migranti sulla Diciotti ricorresse alla Corte di Strasburgo, il governo rischierebbe molto seriamente una condanna per detenzione illegale. Gli approdi si possono fermare ma nell’ordine di alcune ore e solo per decidere il porto sicuro o per organizzare le operazioni di sbarco. Quello che non è legittimo è tenerli in stallo a causa della conflittualità tra gli stati dell’Ue. Quello che sembra trasparire dal tono muscolare delle dichiarazioni è che vengono usati come strumento. Ma questo non è legittimo, anche se gli altri paesi non hanno rispettato gli accordi e non hanno preso le quote che si erano impegnati ad accogliere. Le persone non possono mai essere messe in mezzo a un conflitto.

Il ministro Salvini ha minacciato di riportare i 177 in Libia
È impossibile. La Libia è il luogo da cui fuggono, in cui si rischiano torture e maltrattamenti. Al di là delle dichiarazioni, non è una politica praticabile in base alla legge. Resta grave utilizzare questo tipo di minacce perché si dà l’impressione di poter bypassare le regole con un effetto devastante sul clima politico e l’opinione pubblica.

Com’è la situazione negli hotspot?
Va meglio però nel 2016 l’Italia è stata condannata dalla Corte europea per aver violato i diritti di libertà di alcuni tunisini nel centro di Lampedusa nel 2011 e per altri migranti su navi ormeggiate a Palermo.

Come si può uscire da questa situazione?
Basta pensare ai migranti come pedine o quote. L’Europa deve definire un piano.