Altro che Brexit! Passeggiando per il centro di Cardiff il giorno dell’addio del Regno Unito all’Unione europea il «grande evento» tanto atteso sembra essere l’inizio del Sei Nazioni di Rugby. Il fatidico 31 gennaio 2020, infatti, era anche la vigilia di Galles contro Italia, incontro che si è rivelato l’ennesima tremenda disfatta per la nostra nazionale. Le strade principali della capitale gallese sono impavesate con la bandiera bianco e verde con il dragone rosso nel mezzo, i pub invitano a godersi il match seduti nelle loro sale e con una pinta di birra davanti, qualche tifoso già con tanto di maglia della nazionale bighellona tra le eleganti Victorian Arcades. Insomma, niente preparativi per feste da celebrare alle 11 di sera, l’ora precisa del distacco dall’Unione europea.

Il tripudio dei brexiters registratosi a Londra al momento del tanto agognato addio, a Cardiff non lo abbiamo incrociato. Eppure in Galles il leave ha vinto con il 52,5 per cento dei voti e nelle ultime elezioni per il parlamento europeo si è addirittura imposto il Brexit Party. «Colpa degli inglesi che vivono da noi, potrebbero essere ben mezzo milione», ci spiega Kerry Thomas, uno degli attivisti che il sabato mattina si ritrova davanti alle mura del castello per manifestare la propria avversione all’appena sancito bye bye all’UE.

In realtà i manifestanti sono pochini, a dir tanto 200, tutti con la bandiera blu con le dodici stelle tranne il signor Thomas, che sventola quella del suo Paese. «Sono prima gallese e poi europeo, ma ora sono soprattutto contro la Brexit!», si infervora, chiarendo che il problema vero sono gli «scomodi» vicini e il loro «governo fascista».
La storia del mezzo milione di inglesi residenti in Galles è forse un po’ esagerata, ma anche studi accademici di alto livello sostengono che se si contassero i soli voti espressi dai gallesi purosangue avrebbe vinto il remain. Non sorprende allora che nelle aree occidentali, dove si parla ancora quasi esclusivamente il gallese – lingua del ceppo celtico – e la presenza di migranti inglesi sia quasi assente, la maggioranza delle persone si sia espressa contro la Brexit. Il rischio di perdere i finanziamenti comunitari, in regioni economicamente depresse da decenni, è stato visto come un buon motivo per preferire l’Europa all’isolazionismo britannico.
Intanto la causa indipendentista sta guadagnando trazione. Certo, non è al livello di quella scozzese, ma è pur vero che secondo gli ultimi sondaggi ormai un gallese su tre vorrebbe lasciare il Regno Unito (e si sale a quasi uno su due tra i giovani).

Plaid Cymru (il partito indipendentista che alle elezioni politiche del dicembre 2019 ha preso il 9,9 per cento) sta drenando voti ai laburisti perché rigetta una forma tradizionale di nazionalismo e ha posizioni di sinistra su vari temi. Si capisce anche ascoltando le parole dell’ex parlamentare Alun Davies alla fine della manifestazione, quando ormai la marea di maglie rosse ha definitivamente invaso il cuore di Cardiff.
Qui lo stadio è proprio nel centro della città, a soli cinque minuti a piedi dal castello. Una palese dimostrazione di come il rugby sia uno dei capisaldi della cultura gallese. Se in Inghilterra e in Scozia è lo sport della classe agiata, qui la palla ovale è sempre stata di tutti, in primis dei minatori che una volta costituivano l’anima della working class gallese. Il mastodontico Principality Stadium (74mila posti di capienza), inaugurato nel 1999 per sostituire il glorioso ma vecchio Arms Park, è realmente una cattedrale dove decine di migliaia di fedeli si recano per un culto che qui supera anche il dio calcio, nonostante le recenti belle prestazioni della nazionale, sorteggiata nel girone dell’Italia negli Europei del prossimo giugno.

Le guglie del Principality si scorgono praticamente da tutte le vie centrali. I pub sono una sorta di musei non ufficiali del rugby. In particolare The Old Arcade, che trabocca di memorabilia appesi alle pareti, tra maglie, ritagli di giornali, gagliardetti e caricature dei grandi giocatori gallesi del passato, come Gareth Edwards o JPR Williams. Campioni che facevano vincere ai Dragoni l’allora Cinque Nazioni e dai quali hanno preso il testimone i vari Alun Wyn Jones e Leigh Halfpenny.

Il Galles è campione uscente e si è piazzato quarto nel recente mondiale giapponese. E, come già accennato, non si stanca troppo a subissare di punti una giovane e debole Italia. Eppure gli appassionati di rugby nostrani, orfani di una vittoria nel Sei Nazioni dal 2015, non hanno fatto mancare la loro presenza e il loro sostegno. Il tutto nel segno dell’assoluto rispetto che merita la tradizione e la sapienza rugbystica gallese, che forse nel Bel Paese calcio-dipendente non riusciremo mai nemmeno a sfiorare.