Marine Le Pen ha proposto un nuovo nome al Fronte nazionale: sarà Rassemblement national. Il vecchio padre, Jean-Marie, la cui carica di presidente onorario è stata soppressa, parla di «tradimento». Anche in questa occasione, Marine Le Pen e il gruppo dirigente che la asseconda (e che non cambia dopo il congresso di Lille, concluso domenica, salvo arricchirsi di qualche esponente «identitario»), hanno fatto mostra di incompetenza: il nome era già stato depositato da un piccolo partito di estrema destra nell’86, che adesso urla all’usurpazione e vuole sporgere denuncia. Marine Le Pen assicura che risponderà con gli avvocati.

Il nome è anche un programma: l’intenzione sarebbe di smussare l’effetto repulsivo della parola «Fronte», per aprire ad eventuali alleanze con la destra, ma nei fatti il «rassemblement national» rimanda a un passato senza equivoci. Difatti, era già stato usato da Jean-Marie Le Pen alle legislative dell’86 (sempre con l’intenzione di attirare l’elettorato di destra). In precedenza, era stato usato da Jean-Louis Tixier-Vignancourt, candidato dell’estrema destra contro De Gaulle nel ’65. Fa eco anche al Rassemblement national populaire del collaborazionista Marcel Déat.

La «rifondazione» presentata da Marine Le Pen si ferma qui. La leader è stata rieletta alla testa del partito, era l’unica candidata. La linea torna ai «fondamentali» e si indurisce: immigrazione, sicurezza, identità. Gli «identitari» entrano in forze nella direzione. Al congresso a Lille i cori «on est chez nous» (versione francese di «padroni a casa nostra») hanno accolto a più riprese il lungo intervento di Marine Le Pen.

La novità del congresso di Lille è stata la partecipazione a sorpresa di Steve Bannon, ex consigliere di Donald Trump ed esponente dell’alt-right Usa. «La storia è dalla nostra parte» ha detto Bannon: «Marine Le Pen l’ha spiegato, non c’è più né sinistra né destra, è solo un’invenzione dell’establishment e dei media per impedirci di arrivare al potere». Il nazionalismo è per Bannon la carta vincente: «Considerate lo stato-nazione come un ostacolo da superare o come un gioiello che deve essere levigato, amato, curato?». I nazionalisti contro i mondialisti (a cominciare dall’odiato simbolo: l’Unione europea, che però è stata truffata dal Fronte nazionale, sotto inchiesta per aver incassato indebitamente 7 milioni di euro dal Parlamento europeo). «Lasciatevi trattare da razzisti, xenofobi, islamofobi, omofobi, portate questi epiteti come un badge d’onore», ha invitato Bannon.

Marine Le Pen ha ripetuto il facile programma: «il n’y a qu’à…», «basta fare questo o quello», espellere gli immigrati, la Francia ai francesi, battere i pugni sul tavolo a Bruxelles (ma l’uscita dall’euro è stata messa in sordina, anche l’elettorato frontista ha dei risparmi e non vuole vederli evaporare). Con questi argomenti, il futuro Rassemblement national intende conquistare l’egemonia a destra. Ma il nuovo leader dei Républicains, Laurent Wauquiez, sempre più spostato a destra, intende al contrario attrarre una parte consistente dell’elettorato frontista, allontanandosi dal centro-destra (calamitato dall’area Macron). Anche nel partito di estrema destra i giochi restano aperti: eliminato lo scomodo padre, adesso Marine Le Pen deve fare i conti con la nipote, Marion Maréchal Le-Pen, convitata di pietra a Lille. La nipote è su posizioni identitarie, ultra-cattoliche, ma in economia è liberista: la sintesi con l’elettorato popolare, sottratto alla sinistra, sarà più difficile. Il fautore di questa linea, l’ex consigliere della leader Florian Philippot, è uscito e ha fondato un nuovo movimento (Les Patriotes).