Indignata la reazione tra i leghisti al governo del Friuli Venezia Giulia dopo lo spostamento della regione in zona arancione. «Incomprensibile. Una decisione assurda», ha commentato il presidente Fedriga, reduce dall’accordo con Veneto ed Emilia Romagna che pensava l’avesse messo al riparo. Dopo due giorni dall’ordinanza interregionale ecco invece la mazzata. Non che l’ultima delibera fosse qualcosa di diverso da un pannicello di facciata, nonostante il numero dei contagi non arretri e si ripropongano le manifestazioni di piazza e le lettere infuriate degli operatori sanitari, assieme al senso di abbandono di chi ha bisogno di cure e non trova interlocutori.

Pannicello confuso, tra l’altro, con una sostanziale unica novità tutta da interpretare, se qualcuno ne fosse stato capace: passeggiate si sarebbero potute fare al di fuori dei centri abitati, delle piazze, delle spiagge, delle montagne. Vero è che lo scorso fine settimana, complice un sole primaverile, in pochi erano rimasti a casa e le piazze, le rive e le spiagge come i sentieri più battuti erano davvero affollati: resta il fatto che una cosa così non si dovrebbe scrivere in un’ordinanza, pena lo stordimento di chi volesse adeguarsi e controllarne l’applicazione.

Con la zona arancione almeno si è capito che di possibile resta ben poco. Neri di rabbia i baristi, richiusi come a marzo dopo confuse mezze limitazioni e dopo che già in molti avevano provveduto a munirsi di stufe da esterno per rendere sempre confortevoli le soste all’aperto anche se non è precisamente una scelta green.

Ospedali al limite, personale stanco e insufficiente e tutto quello che non è Covid senza prospettive chiare. Non ci sono ospedali interamente Covid, neanche dove gli ospedali sono più di uno, e si continuano a diminuire i posti nei reparti non Covid.

Un paio di giorni fa le dichiarazioni di Riccardi, assessore regionale alla Sanità: «Servono almeno ulteriori 150-200 posti letto per i ricoveri. Stiamo valutando di riconvertire una parte dell’ospedale di Palmanova e non dimentichiamo l’impegno a intensificare l’attività di sorveglianza del personale sanitario attraverso un protocollo a cui stiamo lavorando». Difficoltà nel tracciamento dei contagi? Vero, ma «potremo aiutare coinvolgendo la medicina generale e i testi rapidi». E le quarantene? «È necessario individuare luoghi per le cure a bassa intensità». È necessario, stiamo valutando: c’è tempo.