«Viviamo tempi nuovi ma riceviamo sempre le vecchie risposte. In questo modo non può funzionare. Dobbiamo fare in modo che il 2021 rappresenti davvero l’inizio di una nuova era».

Annalena Baerbock, co-segretaria dei Verdi, apre così il congresso nazionale del partito riunito virtualmente sul maxi-schermo del Tempodrom di Berlino da venerdì fino a oggi.

Sul tavolo degli 800 delegati collegati da casa spicca «il nuovo programma fondativo che dovrà durare per i prossimi 15-20 anni», insieme alla geometria delle future alleanze politiche e al «piano di rafforzamento» per consolidare il 19% del consenso certificato dai sondaggi. La parola d’ordine dei Grünen nell’anno del Coronavirus è: «pensare positivamente nonostante la pandemia». Anche se la strada verso le elezioni federali del prossimo autunno non è certo sgombra di ostacoli.

Il primo è la clamorosa accusa di «non fare abbastanza per il clima» lanciata ai leader Baerbock e Robert Habeck dal movimento Fridays For Future, pronto a denunciare la «mancata volontà di raggiungere l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi rispetto al periodo preindustriale». Colpa della «timidezza dei segretari che temono l’interpretazione troppo radicale della convenzione di Parigi: renderebbe i Verdi vulnerabili agli attacchi in campagna elettorale» spiega la Taz.

In buona sostanza, il dimezzamento del traffico automobilistico e la sostituzione dei voli nazionali con i treni a lunga percorrenza (auspicati dal Fridays For Future come dai giovani iscritti) risultano troppo spinti per il partito obbligato a tenere insieme la corrente dei «Realisti» con l’anima della «Sinistra». «Se riformuliamo gli obiettivi indeboliamo l’Accordo di Parigi (che prescrive solo l’aumento inferiore a 2 gradi)» ha replicato l’amministratore delegato dei Verdi, Michael Kellner.

Prima del compromesso approvato dai delegati incardinato sulla «necessità di imboccare il percorso dei 1,5 gradi» che ha soddisfatto la portavoce dei Fridays For Future (tesserata dei Grünen) Luisa Neubauer: «Oggi il partito ha compiuto un passo importante grazie alla pressione delle ampie alleanze sociali».

«Così, per la prima volta, un terzo partito – che lavora per l’intera società – può combattere per vincere le prossime elezioni. So bene che la pretesa è alta e forse troppo audace, ma siamo in una nuova epoca e abbiamo bisogno di soluzioni inedite» scandisce Habeck, convinto che il “computer” del governo Merkel sia definitivamente «bloccato in modalità-riparazione».

Poi analizza la crisi del Covid-19 in cui «teatri, musei e impianti sportivi sono bollati come luoghi di pericolo». Con la metafora che mette in guardia dalla spaccatura della società «sotto cui si è prosciugato il terreno e sono emerse le zolle dove la gente vive in piccoli gruppi. Ma quando piove a dirotto la terra secca non può assorbire più l’acqua. Al contrario, si forma il fossato che la divide in due».

In parallelo, il congresso ha avviato il dibattito sul rapporto con la crescita economica e il “libero mercato” diametralmente opposto alla via social-ecologista. Oltre alla discussione su educazione, ricerca, e l’ingegneria genetica su cui il comitato esecutivo vorrebbe allentare il veto nonostante la resistenza degli iscritti. Altra visibile crepa nei Grünen, che comunque non offusca l’orizzonte di successi elettorali infilati uno dietro l’altro nelle roccaforti storiche come nei territori votati ai partiti identitari come la Baviera.

Attualmente il partito vanta 67 deputati al Bundestag e occupa ben 264 seggi nei 16 Parlamenti regionali, senza contare i 21 eurodeputati (su 96 della Germania) eletti l’anno scorso grazie al 20,5% equivalente a 7,6 milioni di voti. Di fatto, il decollo dei Verdi è cominciato subito dopo le elezioni federali del 2017; dall’8,9% del consenso che permise di esplorare la Coalizione Giamaica con Merkel e liberali naufragata prima di nascere.

Anche se il “botto” si era avvertito 12 mesi prima con la riconferma a furor di popolo in Baden-Württemberg (30,3%) e due anni dopo a Monaco (17,6%), preludio della scalata nel “rosso” Brandeburgo nel 2019 (10,8%) e del trionfo ad Amburgo di pochi mesi fa con il 24,2%.

In questa cornice i Verdi sono diventati il secondo partito dopo la Cdu. Oltre al primo soggetto politico al Parlamento di Stoccarda – dove esprimono il loro unico governatore, Winfried Kretschmann, a capo della coalizione con la Cdu – e la forza che amministra Berlino e la Turingia con Linke e Spd, più i Land anseatici di Brema e Amburgo. Passi lunghi che fanno ben sperare nel grande salto nelle urne del 2021.