Pensando ai risultati delle elezioni americane, un film come questo di Tom Ford, appare estremamente «dentro» l’aria dei suoi tempi; il mito dell’uomo forte, armato, americano di «razza», discendente dalle pistole e dalla conquista della leggenda nazionale.
Siamo in Texas, Tony (Jack Gyllenhaal) è in viaggio su strade stellate e solitarie con moglie e figlia adolescente scontrosa destinazione Marfa. Ma la notte non è solo poesia specie laggiù nel «rozzo» West dove circolano spietati balordi, altre creature notturne che puzzano di alcol e sudore lercio, psicopatici e incattiviti: uno speronamento, una lite, e poi via, gli assalitori fuggono con le due donne come prede.

L’uomo, un «cittadino», un borghese, senza armi (e sotto inteso senza palle) se le fa portare via senza fare nulla. Le troveranno adagiate, come in una installazione di Hirsch, su un divano di velluto porpora. Bianchissime, i capelli rossi che si abbracciano, morte.
Ma Tony non esiste, è soltanto il personaggio di un romanzo che l’ex marito manda a Susan, curatrice d’arte di successo (Amy Adams), che lo ha lasciato tanti anni prima brutalmente a causa soprattutto della sua «debolezza».

Ci aveva provato quella ricca ragazza texana in cerca di carriera a amarlo ma la madre l’aveva avvertita: le cose che ti piacciono in lui ti stancheranno. Lei però ostinata lo aveva sposato, quasi una vendetta filiale verso la figura materna da cui vuole essere diversa. «Ma cara – le sussurra la mamma davanti a un cocktail Martini, perfida Laura Linney – prima o poi diventiamo tutte come le nostre madri». Susan è insonne, non ha mai dormito, è un «animale notturno» pure lei, a cui il romanzo è dedicato.     

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Il suo matrimonio va sempre peggio: tradimenti, silenzi, ipocrisie. E anche il lavoro, nonostante i plausi, non l’appassiona più. I rimpianti affiorano la notte, tra le righe di quella storia violenta i cui personaggi prendono i volti appartenuti alla sua esistenza.
Nocturnal Animals – era in concorso alla Mostra di Venezia – è il nuovo film di Ford, stilista iperfashion e regista capace di sorprendere con intelligenza anche in questa sua seconda prova dopo il bell’esordio di A Single Man.

Le prime sequenze sono folgoranti: quattro donne si agitano in una danza sfrenata, nude a parte un cappello di strass, in mano la bandiera americana come cheerleader invecchiate, i corpi grassissimi, sfatti, cadenti.
Un segno al contrario. Ma l’intero film di Ford – dal romanzo di Austin Wright, Tony e Susan, Adelphi – si presenta come un «concept» punteggiato dai simboli di un paesaggio americano: generi, stereotipi, arte, pop. L’orizzonte western della caccia all’uomo e della vendetta, di una provincia americana scassata, di poliziotti che sputano i polmoni e sono pronti a farsi giustizia da sé tanto ormai l’appuntamento più vicino è quello con la morte – stupendo Michael Shannon.

Della Los Angeles patinata con le sue ville design e vetri, le psico-pilloline magiche per essere felici, i party e le piscine «Bigger Splash». Di padri e di madri, di figli spaventati.
E del sentimento instabile di un personaggio in bilico – quello di Adams – che sul viso scruta i segni del rilassamento pensando alle ragazze più giovani con cui la tradisce il marito. E quel romanzo arriva improvviso col fragore di un passato rimasto sospeso. C’è la sua vita lì dentro, e il suo amore,l’uomo che ha finito per disprezzare era in fondo la sua scommessa di un futuro diverso. Anche Ford è del Texas, Austin, e nel personaggio di Gyllenhaal ci mette un po’ dei suoi ricordi di ragazzo gentile malvisto o quanto meno considerato eccentrico nel suo ambiente.

È una vendetta quel libro in cui nella testa della donna il personaggio assume le fattezze dell’ex-marito?(è sempre Gyllenhaal) . O è invece per l’ex un gesto di liberazione artistico? Forse Edward ha ucciso il sognatore che era in lui per un po’ di cinismo in più.
Una storia d’amore mancata la loro, e finita male come tante. La scommessa di Ford è raccontarla in un immaginario «sentimentale» nel quale sa muoversi con intelligenza, leggerezza, umorismo. La messinscena del romanzo attraversa gli stati d’animo, la malinconia di qualcosa che si è perduto, la sofferenza di una rottura,tutto quanto significa una scelta. Quel «rewind» sempre impossibile, col suo gusto teneramente amaro.