Riforma del lavoro e riduzione del cuneo fiscale. Il Fondo Monetario promuove gli annunci di Matteo Renzi che mette al petto un’altra medaglia nella sua strategia dell’accreditamento. «Lo abbiamo ascoltato attentamente – ha detto il portavoce dell’Fmi Gerry Rice – diamo il benvenuto ad alcune delle misure che ha toccato nel suo intervento in Parlamento all’inizio della settimana accolgono le riforme economiche e strutturali sollecitate dall’Fmi all’Italia in questi anni, e la loro implementazione sono la chiave per assicurare che l’Italia torni sulla strada della sostenibilità e della crescita».Cosa vuole l’Fmi? «La flessibilità dei contratti» risponde Rice. Questa è la soluzione contro «l’alta disoccupazione che è ovviamente un problema pressante».
L’Fmi chiede una nuova «flessibilizzazione» dei contratti nel paese dove la precarietà è stata applicata con raro furore ideologico sin dall’approvazione del «pacchetto Treu» da parte del governo di centro-sinistra Prodi nel 1997. Renzi intende creare un contratto di inserimento, un apprendistato, e sospendere per tre anni l’articolo 18. Si parla di una deregolamentazione dei contratti a termine, estendendo la cosiddetta «acausalità» fino a 36 mesi alle nuove assunzioni, di giovani e meno giovani (fino a 29 anni, ma anche a 35, tutto da stabilire). Se così fosse, si tratterebbe di una misura illegale rispetto alle norme europee che proibiscono questa pratica. In attesa di capire dove Renzi e il suo ministro dell’Economia Padoan («un uomo molto rispettato quando era nel board esecutivo dell’Fmi» ha detto Rice) troveranno i soldi, si continua a parlare in maniera insistente di un sussidio universale per disoccupati o che licenziati prima della scadenza dei contratti di inserimento che vengono definiti impropriamente «contratto unico».
A fare chiarezza su questo imbroglio linguistico, che allude ad una formula usata in maniera anche diversa da Tito Boeri e Pietro Garibaldi, da un lato, e Pietro Ichino, dall’altro lato, è stato l’ex ministro del lavoro Tiziano Treu, oggi al Cnel: «Quello previsto nel Jobs Act non è un contratto unico ha detto Treu in un’intervista a Il sussidiario.net – questo è un modo di dire che non risponde a verità. E’ un contratto di entrata che è reso più facile perché per i primi tre anni non ha rigidità. Restano però gli altri contratti come lo stesso contratto a termine, che mi auguro sarà però semplificato, e allo stesso modo resta il contratto di somministrazione».
Un elemento sembra essere chiaro: nella «riforma» del lavoro ispirata alla «flessibilità» chiesta dall’Fmi ci sarà uno sfoltimento della giungla dei contratti precari esistenti (oggi sono 46) e riguarderà quelli meno usati dalle imprese (o meno convenienti). Il«contratto unico» è in realtà un nuovo contratto precario.
Impressioni da verificare una volta che Renzi avrà presentato il suo «compito» sul «Jobs Act» a Angela Merkel in un vertice bilaterale italo-tedesco previsto il 17 marzo a Berlino. Singolare decisione che restituisce tuttavia il peso reale dei condizionamenti a cui è sottoposto il governo. Bonanni della Cisl ha commentato rassegnato: «Sarebbe meglio portare il Jobs Act ai lavoratori, anziché alla Merkel».
«Renzi farebbe meglio a non saltare la rappresentanza sociale e a dire dove prende i soldi», ha detto una Camusso (Cgil) irritata. Scaltro com’è, Renzi recupererà il terreno, ma per lui sarà difficile barcamenarsi tra Fiom e Confindustria, mettendo d’accordo Cgil, l’alleanza delle cooperative (che dirigono il ministero del lavoro) e le piccole imprese.
Dal 17 marzo dovrà rispondere all’ordine economico dominante e sarà costretto a scegliere quale strada prendere.Ma potrebbe riuscire anche nell’impresa di co-gestire l’austerità «mite» predicata dall’Fmi con la concertazione con le parti sociali che infatti vogliono dire la loro sulla revisione della riforma Fornero delle pensioni ed escludono, persino con il numero uno di confindustria Giorgio Squinzi la «distruzione del contratto nazionale del lavoro». Non sappiamo, al momento, cosa ne pensi l’Fmi. Questa resta, anche per Renzi, la strada per rassicurare tutti, mercati e sindacati, ma forse non i disoccupati o i precari.