Pessimo natale nella redazione del Foglio. Il Dipartimento editoria di Palazzo Chigi ha bloccato circa 400mila euro di contributi pubblici al quotidiano dopo un accertamento della guardia di finanza risalente addirittura agli anni 2009- 2010.

Il 24 dicembre il giornale diretto da Claudio Cerasa ha denunciato l’accaduto in prima pagina invitando i lettori a «scommettere sul futuro» con un abbonamento straordinario valido per i prossimi dieci anni. Dieci come il periodo finito sotto la lente delle fiamme gialle che – secondo il Foglio – hanno contestato 3 cose:

  1. il quotidiano non vendeva il 25% delle copie stampate,
  2. non era una cooperativa di giornalisti con tutti i crismi,
  3. non era organo di un movimento politico.

Il quotidiano smentisce ciascuna delle contestazioni, pronto a dimostrarlo in «qualunque tribunale in qualsiasi momento», e denuncia un attacco da parte del Movimento 5 stelle, come profetizzato da Rocco Casalino (il portavoce del presidente del consiglio Conte) non più tardi del luglio 2018.

La redazione, contattata dal manifesto, ha preferito lasciar parlare il giornale in edicola senza ulteriori commenti.

La vicenda del Foglio, assai spinosa essendo quel giornale un giornale che certamente arricchisce il pluralismo, non è però un caso isolato.

Nel corso del tempo la task force della guardia di finanza che vigila sui contributi alla stampa ha messo nel mirino decine di testate vicine al mondo politico: il Roma quando era riconducibile all’ex finiano Italo Bocchino, Riformista e Libero della famiglia Angelucci, il Campanile dell’Udeur, la Voce repubblicana, e molte altre, anche locali (il Denaro, Torino cronaca, etc.).

Oggi il quotidiano di Cerasa è molto diverso da quello che era dieci anni fa, ha concentrato i suoi sforzi sul digitale e sugli eventi, ed è difficile difendersi per cose così lontane nel tempo.

Quel che sembra certo è che la finanza ha consegnato il proprio accertamento solo questa estate, in piena crisi di governo e nel passaggio da una maggioranza all’altra.

Almeno così afferma una (rara) nota ufficiale con cui il Dipartimento editoria spiega che il provvedimento finale sul Foglio sarà reso noto entro il 28 febbraio prossimo, come stabilisce la legge, dopo aver valutato tutti gli elementi.

L’iter successivo tuttavia è lungo e spesso tortuoso: a volte ha dato ragione al Dipartimento (come nel caso di Libero), altre volte ha purtroppo ucciso le testate anche dopo che un giudice ha bocciato le tesi dei finanzieri.

Intanto il quotidiano fondato da Giuliano Ferrara resta nel limbo, e rischia di dover restituire i contributi pubblici percepiti nel 2009 e nel 2010 (oltre 6 milioni di euro).

A difesa del Foglio sono scesi in campo diversi parlamentari: Renzi e Italia Viva su tutti, ma anche Antonio Tajani, Renato Brunetta e Mara Carfagna di Forza Italia, big del Pd come Paolo Gentiloni, Matteo Orfini e Andrea Marcucci, Della Vedova (+Europa), Calenda, Crosetto (Fdi).

L’ex sottosegretario all’Editoria Vito Crimi (oggi viceministro agli Interni) definisce invece come puro «letame» le accuse a M5s.

Di fronte a una valanga editoriale e politica che è solo agli inizi, il neosottosegretario Andrea Martella (Pd) invita tutti a evitare «polveroni e strumentalizzazioni», assicurando che nulla è ancora deciso e che il suo obiettivo è garantire il pluralismo e la libertà di informazione.