Storia di un focolaio. O di come, per giorni e giorni, l’avanzata del coronavirus sia stata sostanzialmente ignorata malgrado i segnali d’allarme fossero più che evidenti.

Vallefoglia è un comune di 15mila abitanti in provincia di Pesaro nato nel 2014 dall’unione di varie frazioni. Qui, il 25 febbraio scorso, viene ufficialmente trovato il primo paziente positivo al Covid-19, un operaio di trent’anni proveniente da Codogno, la culla del contagio in Italia. Non succede niente, a Vallefoglia, il sindaco Palmiro Ucchielli dice che non c’è molto di cui preoccuparsi, e la vita va avanti.

Negli stessi giorni il governatore delle Marche Luca Ceriscioli dichiara guerra al governo Conte con un’ordinanza di chiusura di tutte le scuole sul territorio regionale. L’esecutivo non è d’accordo e impugna il provvedimento, che viene poi annullato dal Tar e sostituito da un altro, in tutto e per tutto uguale al precedente. Questo scontro ha un riverbero decisivo anche tra gli equilibri interni al Partito Democratico marchigiano, impegnato a risolvere il rebus sulla candidatura da presentare alle elezioni regionali in quel momento previste a primavera e poi slittate a ottobre.

Il posizionamento interno arriverà anche a influire sul contenimento del virus: sono giornate confuse, il lockdown è ancora di là da venire e gli amministratori locali si muovono alla spicciolata, spesso sospinti più dal calcolo politico che da altri fattori. Ceriscioli ha i vertici nazionali del partito contro – e la sua guerra a Conte va letta anche in quest’ottica – ma controlla le truppe marchigiane «almeno per il 70%», dice.

Il 29 febbraio, quattro giorni dopo la scoperta del paziente uno, Ucchielli si fa vedere all’inaugurazione di un centro commerciale a Vallefoglia. Ai cronisti dichiara: «La difficoltà è più mediatica che di sostanza» e «bisogna rendere normale la vita del territorio» perché «se superiamo la crisi economica forse guariamo anche dalle malattie». Il giorno seguente vengono emanate le prime misure di contenimento del virus, la provincia di Pesaro e Urbino è zona rossa tanto quanto la Lombardia, il tutto mentre a Chiaravalle (Ancona) si riunisce la direzione regionale del Pd per designare il successore di Ceriscioli, ovvero il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi, acclamato dall’assemblea con la benedizione dello stesso governatore.

I dati sul coronavirus, in questo momento, sono ancora incerti, anche perché di tamponi ne vengono fatti pochissimi.

Non c’è un’unità di misura condivisa per cercare di stabilire quale sia la cosa migliore da fare, e si procede a tentoni a ogni livello. A Vallefoglia si va avanti come sempre: il parroco di Montecchio fa anche il suo tradizionale giro tra i fedeli della sua parrocchia per benedire le case in vista della Pasqua. Mercoledì 11 marzo verrà fuori che il suo tampone è positivo.

Oggi i conti svelano una realtà inquietante: se in tutto il 2019 a Vallefoglia sono stati registrati 93 decessi (di cui, secondo l’Istat, 7 nel mese di marzo e 5 in quello di aprile), quest’anno, a leggere le statistiche diffuse dal Gores (Gruppo operativo regionale per le emergenze sanitarie), i morti con il coronavirus sono già 24: nelle tabelle se ne contano 19 dal 17 marzo al 4 aprile e altri 5 in tutto il periodo precedente, quando però la raccolta dei dati era disordinata e non necessariamente venivano effettuati i tamponi anche alle salme.

Il conto totale delle vittime, infatti, potrebbe essere molto più alto di quello ufficiale, all’ufficio anagrafe del Comune la cifra che gira è di almeno sessanta decessi. Al 3 marzo, comunque, i contagiati a Vallefoglia sono quattro. Nell’ultima rilevazione resa pubblica lo scorso 20 marzo, i tamponi positivi risultano essere 58.

Come è potuto accadere? Palmiro Ucchielli, detto Lenin per una qual certa somiglianza con il primo leader sovietico, è un politico di lunghissimo corso: due mandati in parlamento negli anni ‘90, poi presidente della Provincia di Pesaro, segretario regionale del Pd e poi sindaco di Vallefoglia sin dalla fondazione del paese. Un big della politica locale, nume tutelare di un altro pezzo grosso: il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, tra l’altro suo assistente negli anni ‘90. Nelle lunghe giornate di guerra tra Ceriscioli e il governo, Ricci era sul fronte opposto rispetto a quello del governatore: mentre lui lavorava in maniera piuttosto confusa alla chiusura delle scuole della regione, il sindaco di Pesaro remava in direzione opposta. A Pesaro, secondo i dati registrati dall’anagrafe, i morti totali nel mese di marzo sono 307, contro gli 89 dello stesso periodo nel 2019. Il Gores ne conta però molti meno: 141.

È il 6 marzo quando, con un post su Facebook, Ucchielli parla di «situazione stazionaria» a Vallefoglia. Tre giorni dopo apparirà in un videomessaggio diretto alla cittadinanza. «La situazione è molto difficile – dirà -, più si sta a casa e meglio è». Ma in realtà è già tardi.