Per il Venezuela, come per gli altri paesi sotto embargo, la crisi scatenata dal coronavirus rischia di  diventare ancora più drammatica. Di sicuro, le illegali sanzioni applicate dagli Stati uniti non sono mai apparse tanto criminali: «Il governo Usa – ha denunciato il presidente Maduro – sta bloccando tutte le navi e gli aerei che trasportano cibo e medicine per il Venezuela».

E non meno brutale è apparsa la decisione del Fondo monetario internazionale, affidata a un breve comunicato, di respingere la richiesta di aiuti per 5 miliardi avanzata dal Venezuela per fronteggiare l’emergenza: l’Fmi «non è in grado di prendere in considerazione questa richiesta perché non c’è chiarezza sul riconoscimento internazionale del governo». 

Una richiesta di aiuto, quella di Maduro, che aveva destato inizialmente sorpresa e persino costernazione nel paese, considerando la politica anti-Fmi portata avanti con il massimo rigore da Hugo Chávez. Era stato poi il ministro degli Esteri Jorge Arreaza a spiegare all’incredula popolazione che tale decisione era stata presa in seguito all’annuncio da parte della direttrice Kristalina Georgieva di un pacchetto di aiuti destinati ai paesi più vulnerabili alla pandemia, in base a una modalità di credito – lo Strumento di finanziamento rapido – che non prevede interessi né richiede specifici piani di aggiustamento (benché, secondo la pagina web del Fmi, alcune condizioni siano in realtà richieste). «5 miliardi di dollari è l’equivalente del denaro bloccato da due anni da Usa, Regno unito e Portogallo, con cui si sarebbe potuto rafforzare il sistema sanitario e alimentare», aveva sottolineato Arreaza, ponendo l’accento sulle devastanti conseguenze dell’embargo.

Per quanto la decisione del Fmi mostri agli occhi del mondo, in piena pandemia da Covid-19, «il carattere criminale dell’embargo», come ha evidenziato l’economista Jesús Faría, il Venezuela non è rimasto solo. Oltre all’Oms, che ha garantito al paese aiuti speciali per far fronte alla crisi (resa ancora più grave dal crollo del prezzo del petrolio), il governo può comunque contare sulla Cina – da cui sono già arrivati 4mila tamponi – e su Cuba, da cui il paese ha ricevuto «milioni di dosi Interferone e di idrossiclorochina». «Disponiamo di kit diagnostici, di tute protettive, di mascherine e di medicine», ha assicurato il ministro della Comunicazione Jorge Rodríguez. Mentre sono 46 gli ospedali destinati alla cura del coronavirus. 

Ma il governo, il primo in America latina ad aver decretato – e già alla comparsa dei primissimi casi (oggi arrivati a 42) – la completa chiusura di ogni attività non essenziale, punta, per limitare la diffusione del contagio, soprattutto sull’isolamento, nel più rigoroso rispetto del modello cinese.