Economia

Il flop del Pnrr sui posti di terapia intensiva

Il flop del Pnrr sui posti di terapia intensivaIn corsia – Ansa

Il caso 47%. È la percentuale di posti aggiuntivi di terapia intensiva realizzati rispetto all’obiettivo fissato dal governo Conte nel 2020, nonostante i fondi del Pnrr

Pubblicato 3 giorni faEdizione del 24 settembre 2024

La promessa di rinforzare i reparti di terapia intensiva coi soldi del Pnrr finora non è stata mantenuta. In quattro anni è stata realizzata meno della metà dei posti letto previsti dal governo Conte nel 2020 poi confluiti negli obiettivi del Piano. Il sottosegretario alla salute Marcello Gemmato (Fdi) ha ammesso il flop rispondendo in Parlamento a un’interrogazione della Lega. Dei 3500 posti in più previsti in terapia intensiva negli ospedali italiani ne sono stati creati poco più di 1600, il 47%. In terapia subintensiva sono stati aggiunti 1800 posti, appena il 46% dei 4000 previsti.

Da Regione a Regione, lo stato di avanzamento del piano è molto diverso. Abruzzo, Emilia-Romagna, Alto Adige e Marche lo hanno realizzato per oltre l’80%, con il record dell’Abruzzo che dichiara di aver attivato il 100% dei posti supplementari previsti. Val d’Aosta, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Molise, Calabria e Sardegna sono ancora al 30% dell’obiettivo finale.
Non è tutta colpa del governo della destra, perché anche durante i due governi precedenti il piano è andato a rilento. Meloni però ha la colpa di aver dirottato altrove i soldi del Pnrr che erano stati appostati per realizzare l’obiettivo fissato da Conte e Speranza nel 2020. Nella famosa «rimodulazione» negoziata con l’Ue, infatti, ha preferito diminuire la quota di posti letto finanziata da Bruxelles dirottando le risorse del Pnrr su altri obiettivi. L’Europa coprirà dunque solo 5900 dei 7500 posti addizionali di intensiva e sub-intensiva previsti nel 2020, con una tabella di marcia che fissa il traguardo a giugno 2026. E che ora sembra irrealistica.

La risposta all’emergenza però non si fa solo con letti e ventilatori polmonari. L’investimento sulle infrastrutture – pur lento e insufficiente – dovrebbe essere accompagnato da iniezioni di personale, altrimenti i nuovi letti rischiano di rimanere vuoti per mancanza di medici e infermieri. Gli standard ospedalieri, ad esempio, prevedono che in terapia intensiva lavori un infermiere specializzato ogni due posti letto. Ma sono standard difficili da rispettare per mancanza di personale. Secondo la Corte dei Conti in Italia mancano circa 65 mila infermieri. Negli anni a venire non andrà meglio: dal 2010 a oggi le domande di iscrizione ai corsi di scienze infermieristiche sono crollate a livello nazionale da oltre 40 mila a circa 23 mila, cioè poco più dei ventimila posti disponibili.

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