Per la poltrona più misteriosa, quella del ministero per la transizione ecologica, Mario Draghi ha scelto il fisico Roberto Cingolani, nato a Milano 59 anni fa.

DOPO UN INIZIO di carriera tra Germania, Giappone e Puglia, dove ha diretto il Laboratorio Nazionale di Nanotecnologie di Lecce, negli ultimi tempi Cingolani era responsabile dell’innovazione tecnologica di Leonardo Spa. Ma il suo nome e il suo curriculum sono indissolubilmente legati all’Istituto Italiano di Tecnologie (Iit) di Genova. Dell’Iit Cingolani è stato direttore scientifico dalla fondazione, voluta nel 2005 dall’allora ministra della ricerca scientifica Letizia Moratti e da quello dell’economia Giulio Tremonti, fino al 2019. Sotto la sua direzione, l’Iit ha sviluppato diverse linee di ricerca, anche di un certo rilievo, soprattutto nel campo delle nanotecnologie, delle neuroscienze e della robotica. Ma l’ente, e il suo direttore, è stato spesso al centro di polemiche per la sua natura ibrida di ente statale a statuto privato. Con la legge che ne decretò la nascita, il governo assegnò all’Iit un finanziamento di 100 milioni di euro per dieci anni, e oggi ci lavorano circa 1500 ricercatori, distribuiti in varie sedi sul territorio italiano.

LA GESTIONE di Cingolani è stata duramente criticata da altri esponenti della comunità scientifica italiana. Le accuse più dure sono arrivate dalla biologa molecolare e senatrice a vita Elena Cattaneo, che ha accusato l’Iit di procedure di reclutamento poco trasparenti e di una gestione disinvolta dei fondi ricevuti. Secondo la senatrice, infatti, l’Istituto avrebbe accantonato in banca circa 400 milioni di euro, soldi pubblici destinati alla ricerca. Sempre secondo le accuse di Cattaneo, l’accesso ai finanziamenti pubblici alla ricerca dell’Iit targato Cingolani non avrebbe seguito le normali procedure a cui devono sottostare gli istituti di ricerca di tutto il mondo, che hanno l’obbligo sottoporre i propri progetti di ricerca alla valutazione della comunità scientifica prima di ricevere i fondi.

ANCHE SE non è un volto noto, negli ultimi anni Cingolani ha frequentato più di una volta le stanze della politica. A volerlo al ministero è stata Italia Viva, con il cui fondatore Cingolani ha da tempo un ottimo rapporto: da premier, Matteo Renzi affidò all’Iit di Cingolani la progettazione del polo scientifico Human Technopole, sorto sull’area milanese dell’ex-Expo. Fu l’ad Alessandro Profumo (nominato da Renzi) a condurlo alla Leonardo, che fornisce tecnologie militari aeree, navali e spaziali all’Arabia Saudita tanto cara a Renzi.

IL FEELING TRA RENZI e Cingolani nel 2019 ha anche portato il fisico sul palco della kermesse della Leopolda. Curiosamente, anche il Movimento 5 Stelle rivendica la nomina di Cingolani parlando di «un profilo e un risultato che abbiamo fortemente voluto». Altri dal M5S assicurano che sarebbe stato Beppe Grillo in persona a indicarlo a Draghi. Prima di Draghi, però, anche il governo giallo-rosso aveva reclutato Cingolani nella task force guidata da Vittorio Colao e incaricata di scrivere un piano di rilancio dell’Italia post-pandemia. I due si ritroveranno fianco a fianco nel prossimo consiglio dei ministri, dove potranno forse ricostruire che fine abbia fatto quel piano.