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Il fisco, questione centrale

Il fisco, questione centrale

Patrimoniale Le imposte di successione esistono in tutto il mondo e non si capisce perché l’Italia non dovrebbe adeguarsi agli altri paesi europei oltre che al Regno Unito e agli Usa

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 23 maggio 2021

È bastato che Enrico Letta, segretario del Pd, facesse una timida proposta «liberale» – recuperare un po’ di soldi da destinare ai giovani da una tassazione più alta degli ingenti patrimoni ereditati – perché si scatenasse la bagarre della destra. La stessa destra che applaude calorosamente il governo di Silvio Berlusconi quando nel 2001 cancellò completamente le imposte di successione.

Quello che, però, colpisce di più sono i distinguo e le prese di distanza di diversi dirigenti e parlamentari del Pd, che si sono affrettati a bollare come intempestiva e inopportuna l’iniziativa del loro segretario.

Non sarebbe questo il momento di riformare l’attuale tassazione sull’eredità (reintrodotta dal governo Prodi nel 2006) che prevede la franchigia di 1 milione di euro per ogni erede e un’aliquota del 4 per cento sopra questa cifra. Nel paese che è primo in Europa nella graduatoria dell’evasione fiscale e l’ultimo in quella del prelievo sui trasferimenti ereditari, si trova sconveniente che lo Stato tocchi il portafoglio di qualche super-ricco. Eppure, un recente studio sugli effetti dei trasferimenti ereditari sulla distribuzione della ricchezza (The concentration of personal wealth in Italy) mostra come il 10 per cento più benestante, tra il 1995 e il 2016, ha accresciuto la quota di ricchezza finanziaria e immobiliare dal 45 al 55 per cento, mentre il 50 per cento della popolazione più in basso nella scala sociale (parliamo di circa 25 milioni di italiani adulti) ha visto diminuire la ricchezza posseduta dal 12 al 3,5 per cento. Un boom da un lato, un crollo dall’altro. C’è da aggiungere che la pandemia ha aggravato ancora di più questo quadro già grave.

Che fine hanno fatto le accorate considerazioni sulla parte più debole della società, giovani e donne in particolare, che hanno pagato il conto più pesante all’emergenza del Covid-19? C’è una pseudo sinistra che non perde occasione di parlare «a vanvera». Perfino un imprenditore come Riccardo Illy, non certo un pericoloso sovversivo ritiene che aumentare le tasse sui lasciti ereditari «è una delle poche strade che abbiamo per aumentare le entrate senza effetti recessivi sull’economia».

Altri imprenditori, tra questi Della Valle, si dichiarano pronti a fare la loro parte e non trovano scandaloso un prelievo maggiore su chi ha di più. Vi sono poi piccoli imprenditori che manifestano legittime preoccupazioni che una tassa sull’eredità potrebbe avere sulla loro azienda. Uno di questi mi ha scritto dopo il mio articolo sul manifesto del 20 maggio, dichiarandosi preoccupato perché l’inasprimento della tassazione costringerebbe i figli a vendere pezzi della sua azienda agricola, riducendone le dimensioni e la sostenibilità economia.

La sinistra, a suo avviso, dovrebbe prendere di mira i grandi evasori e le multinazionali del web, che non pagano il dovuto. A queste preoccupazioni bisogna rispondere fugando le false notizie che circolano sui media e dando una informazione obiettiva e chiara.

Dopo l’emergenza Covid-19, con un debito pubblico che viaggia a un livello mai raggiunto nella storia d’Italia, con una spesa sociale letteralmente esplosa nel campo della sanità, dell’istruzione, dei trasporti, degli ammortizzatori, sarebbe irresponsabile baloccarsi sul taglio delle tasse. I soldi non piovono dal cielo. Da qualche parte bisogna prenderli. La tassa piatta (flat tax) che dovrebbe produrre miracolosamente lo «sgocciolamento» (trieckle-down) sui ceti più svantaggiati è una favola in cui ormai crede solo Salvini. Guai a continuare a rincorrerlo sul suo terreno e non guardare invece alla svolta dell’amministrazione Biden in materia fiscale.

È una questione centrale su cui la sinistra deve ingaggiare una battaglia forte e incisiva. Se l’obiettivo è ridurre le diseguaglianze e accentuare il ruolo redistributivo del fisco, questo è il terreno di gioco su cui concentrarci. La tassazione dell’eredità è solo un pezzo di una riforma strutturale del sistema tributario, improntato a criteri di progressività, equità e trasparenza.

Non condivido le posizioni che da sinistra crocifiggono Enrico Letta perché non avrebbe affrontato la questione nella sua «organicità». Si finisce così con sminuire di fatto una proposta emblematica di una battaglia contro le tante ingiustizie che attraversano la società e dividono il destino dei giovani in base alla nascita e al «censo».

Le imposte di successione esistono in tutto il mondo e non si capisce perché l’Italia non dovrebbe adeguarsi agli altri paesi europei oltre che al Regno Unito e agli Usa.

Piuttosto, bisognerebbe contrastare il tentativo del presidente Mario Draghi, di ricondurre la partita fiscale ad un ambito meramente tecnico, sottraendola di fatto alla discussione del parlamento e al confronto con le organizzazioni sindacali.

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