Commedia postcomunista con retrogusto drammatico di Kristina Grozeva e Petar Valchanov, il cui humour si svela a cominciare dal titolo, Glory (Slava, nell’originale). La gloria di un paese, di un uomo, la gloria di un popolo antico? No, è la marca dell’orologio che il padre regalò con una dedica al figlio Tzanko Petrov (Stefan Denolyubov), ora cantoniere di una certa età, che lui, da bravo ferroviere ricarica precisamente ogni mattina prima di recarsi al lavoro.

Percorrendo la linea ferroviaria un giorno trova un biglietto di «lev» (la moneta locale) e poi un altro e poi un intero bottino sparpagliato per terra in mazzette. Secondo coscienza chiama la polizia per riconsegnare tutto il denaro e subito la solerte ufficio stampa del ministro dei trasporti monta il caso dell’«eroe», con successiva cerimonia preceduta da una poesia recitata dal bambino di turno, consegna di fiori e di un orologio da parte del ministro. Tutto questo servirà ad offuscare voci di corruzione che circolano sul conto del ministro.
Il fatto è che per fare in modo di sistemargli al braccio l’orologio premio, il suo lo prende in consegna qualcuno e dopo la cerimonia non si trova più, mentre quello nuovo proprio non funziona.

A complicare le cose c’è il fatto che il cantoniere è balbuziente e non riesce a spiegarsi troppo bene, lui povero contadino, rispetto al frenetico gruppo delle pubbliche relazioni e del ministero, spesso lasciato in attesa telefonica al suono di I Just Called di Steve Wonders quando cerca di farsi riconsegnare inutilmente il suo Glory.
In parecchi film del post comunismo compaiono tremende figure di donne arriviste e nevrasteniche, calcolatrici, stressate e senza cuore e anche qui la coprotagonista è una di loro: la Stykova (Margita Gosheva, era in Three days in Sarajevo di Todorov) che in più rincorre il tempo anche per le iniezioni da fare a scadenze precise per la fecondazione artificiale tra una riunione di lavoro e un’altra.

L’elemento dell’eroe del comunismo, dei tempi vecchi e dei tempi nuovi, della campagna e della città, dei principi morali e del mondo degli affari, dell’onestà e della corruzione si intrecciano per dare vita a una particolare tonalità oscura di umorismo fin dalla prima scena quando nell’abitazione del cantoniere, mentre alla tv si parla del caso poco chiaro che coinvolge il ministro, passa Tzanko con in mano una chiave inglese da 6 chili provocando la netta sensazione di voler fare l’apparecchio in mille pezzi. E in più sarà l’oggetto di altre strumentalizzazioni, e vessazioni, spunto tratto da un vero fatto di cronaca accaduto nel 2001.

I due giovani registi sono già autori di The Jump primo corto ad essere nominato agli European Film Award, di un film selezionato a Toronto, The Lesson, anche questo su questioni di morale, sui comportamenti giusti o sbagliati, sulla nuova morale e con Glory passato a Locarno quest’anno, hanno realizzato il film bulgaro nominato agli Oscar.