Un gangster movie dai colori smorzati, i movimenti lenti, calibratissimi, i dialoghi quasi sussurrati. Ambientato quasi tutto in un bar, qui come il classico set da situation comedy è una caverna maschile dove si consumano incontri fuggivi, ci si scambiano sguardi carichi di significato e in cui ogni tanto dei gangster ceceni scaricano pacchi di denaro sporco, da riciclare. Dietro al bancone due taciturni cugini irlandesi, Bob (Tom Hardy) e Marc ( James Gandolfini). Bob, quello giovane, sembra più dolce, affabile, va in chiesa e inizia un esile rapporto con una ragazza dall’aria seria e spaventata (Noomi Rapace) e con un cane abbandonato e spaventato anche lui. Intorno a Marc, invece, aleggia un’ aura di minaccia, un fatalismo terminale

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Perfetti uno per l’altro, Tom Hardy e Gandolfini si girano intorno con la circospezione di due grossi gatti. Gandolfini (nelle sua ultima struggente interpretazione) introduce una qualità shakespeariana alla sua classica raffigurazione di Tony Soprano. Marc è invece un Tony mancato, doloroso. Hardy è soft, pacato, protettivo: un «bravo ragazzo» incastrato per forza nel business di famiglia. Fino a quando, tutto di colpo non lo è più.

 
Noir proletario, cattolico, stregato dall’anima e dal fatalismo di un b movie anni Quaranta, ambientato, in una Boston di immigrati poveri e poco di buono, The Drop – in Italia col titolo Chi è senza colpa – è adattato da un libro di Dennis Lehane (all’origine il racconto breve Animal Rescue), come Mystic River di Clint Eastwood. La regia, pacata anche lei, è di Michael R. Roskam (Bullethead). Peccato il finale completamente implausibile.