Diceva Chet Baker (e lo ribadisce Enrico Pieranunzi) che senza conoscere bene le parole di uno standard è difficile, quasi impossibile, saperci improvvisare sopra. Spesso lo «standard» (un branodiventato un classico) viene utilizzato solo per la sua griglia armonica, perdendo gran parte del fascino e del «mood» che è possibile, invece, mantenere pur dando un altro «significato».

Ebbene, uno strumento eccellente per conoscere la vicenda complessa di una dozzina di brani (e attraverso di essi parlare di storia e musicologia, industria dello spettacolo e jazz, poesia e immaginario collettivo, società americana e questioni razziali) è Storie poco standard. Le avventure di 12 grandi canzoni tra Broadway e jazz (Edt, pp.197, euro 12,50) del musicologo Luca Bragalini. Il libro nasce da anni di ricerca ed insegnamento (l’autore è docente di Storia e analisi del jazz in vari conservatori ed ha scoperto opere inedite di Ellington, C.Baker, Luciano Chailly) e rappresenta una «summa» del lavoro ricostruttivo su brani notissimi (da White Christmas a Nature Boy) spesso, però, sconosciuti nella loro travagliata vita ultradecennale.

Afferma Paolo Fresu nella prefazione che «attraverso dodici brani il racconto del Novecento si fa avvincente ed emozionante, come fossero dodici film o altrettanti quadri (…) toccante omaggio alla grande musica popolare. Grande musica dalla quale ancora oggi, attingiamo tutti a piene mani» (p.XI), a volte senza la necessaria consapevolezza storico-sonora. Così Luca Bragalini guida il lettore nella fucina della popular music americana (Tin Pan Alley, a New York, insieme ai cantieri sempre aperti del musical) per mostrare come dall’«ultimo scorcio degli anni Dieci sino ai Sessanta, jazz e Broadway avrebbero camminato a braccetto attraversando gran parte del Novecento (…) una centenaria love story che i jazzmen hanno onorato in diversi modi (…) soprattutto reinterpretando quelle schegge di musical, infondendo pertanto in loro nuova linfa vitale (…) un atto d’amore che, nella prima metà del Novecento ha consacrato alcune di quelle canzoni come classici, o meglio standard» (p.XVI).

Si parla di autori, tra gli altri, come Irving Berlin, Jerome Kern, George & Ira Gershwin, Richard Rodgers, Cole Porter, Lorenz Hart, Oscar Hammerstein II, Johnny Mercer… (40)

Per mezzo di un’efficace ed originale miscela di storia, narrazione, musicologia Bragalini rievoca con affilata e lucida precisione la vita dei 12 standard in tutte le loro implicazioni, aprendo qua e là preziose finestre di analisi musicale ma mantenendo il testo di agile, piacevole, divulgativa (al più alto dei livelli) lettura; fornisce peraltro utili «strumenti» (due schede terminologiche e suggerimenti per l’ascolto). Non resta, allora, che immergersi nelle intricate vicende di Over the Rainbow, nel rovesciamento del minstrel in Liza, palestra di tanti virtuosismi, nell’ambiguità felice di Georgia On My Mind.

luigi.onori@alice.it