Nei giorni scorsi, passeggiando tra gli orti nei dintorni della mia città, un mio caro amico (diplomato all’istituto tecnico agrario) mi fa: «Guarda un albero di pomodori!». Si trattava, in realtà, di un melograno ricco di frutti che in queste settimane stanno virando da un pallido color crema al rosso intenso. L’ho perdonato perché questi frutti, di fatto, sono scomparsi dall’orizzonte nutrizionale di molti. A favore di prodotti più semplici da mangiare (ma anche dal sapore prevedibile e dall’aspetto standardizzato) come le poche varietà di mele, pere, uva e prugne che si trovano in queste settimane sui banchi della grande distribuzione. Un peccato. Anche perché il melograno, pieno zeppo di semi, è sempre stato osservato con curiosità e interesse dalle culture tradizionali, che lo associano ad immagini di abbondanza e di prosperità. Avere a disposizione molti semi, in realtà, allontana due grandi pericoli: la fame e la miseria. I semi, infatti, si possono mangiare (pensate allo spazio che hanno nei nostri piatti frumento, riso, mais, fagioli, mandorle) e si possono anche scambiare con altri alimenti o oggetti. Ecco perché in Asia il melograno spaccato è segno di buona fortuna, in Africa centrale è regalato alle madri per augurare loro molti figli e in India le donne ne bevono il succo per combattere la sterilità. Se dunque volete fare un pensiero simpatico a qualcuno che si sposa o che mette su casa, portate un cesto con qualche melograno oppure, meglio, regalate un alberello di melograno: saranno sicuramente pensieri graditi.

Tra l’altro, la pianta del melograno e le sue diverse parti (frutto, semi, buccia, corteccia, radici) sono dotate di virtù curative. Una farmacia completa la considera, a ragione, la medicina ayurvedica, l’antichissimo e complesso sistema terapeutico utilizzato in India da millenni. La ricerca ha evidenziato nel succo e nell’olio contenuto nei semi la particolare abbondanza di sostanze protettive come l’acido ellagico, gli ellagitannini, gli antociani e l’epigallocatechingallato. Alcuni studi hanno suggerito che il suo consumo possa abbassare la pressione sanguigna e contrastare i processi ossidativi nelle persone sane, riducendo il rischio cardiovascolare (Plant Foods for Human Nutrition 2012, 67(3):309–14; American Journal of Cardiology 2005 Sep 15;96(6):810-4; American Journal of Clinical Nutrition 2000, 1(5):1062–76).