Secondo Bob Geldof, quali che fossero i vostri gusti personali in fatto di musica, in quel 13 luglio 1985 i centosettanta milioni di spettatori collegati via satellite per assistere al Live Aid, avevano una certezza: l’esibizione dei Queen era di una spanna sopra tutti i live set degli altri protagonisti di quella incredibile giornata. Ed era altrettanto chiaro che aldilà della compattezza musicale e al sound, era la figura iconica di Freddie Mercury ad emergere in maniera prepotente.
Voce superba, portamento e look esuberante con torace possente e bicipiti in bella vista, la superstar nata a Zanzibar incitava il pubblico nel caldo torrido londinese in un incessante battimani sul ritornello di Radiogaga. Trentacinque anni dopo la band è ancora qui o per meglio dire, il brand dei Queen guidati dai «superstiti» Brian May e Roger Taylor (John Deacon, il bassista, è da tempo pensionato di lusso…) che hanno assoldato al posto del povero Freddie, Adam Lambert cantautore, attore americano uscito da American Idol, dotato di una voce potente e duttile capace di scalare le note altissime dei brani resi immortali dall’ugola di Mercury.

IL BIZZARRO TRIO, insieme a solidi session men, gira dal 2012 portando la musica del gruppo in giro per il mondo davanti a milioni di spettatori, attraverso show dove grandeur e tecnologia sono al centro di tutto. Fermati dalla pandemia, non si perdono d’animo e «licenziano» per la Universal il primo live album/cd/dvd/blu ray di Queen + Adam Lambert dal titolo Live around the world che racchiude il montaggio di tre performance a Tokyo al Nippon Budokan nel settembre 2016. Cd e lp contengono invece una serie di esibizioni frutto di tappe in varie parti del pianeta, un world tour culminato a Sydney all’inizio di quest’anno quando a supporto di Fire Fight Australia, hanno ricreato il live set del Live Aid. Per presentarlo in tempi di Covid sono ricorsi a una conferenza stampa in diretta streaming sul sito ufficiale della band, così da toccare tutte le latitudini. Scorrono a ritmo vertiginoso nel board dello schermo le domande dei fan e qua e là quelle dei giornalisti: May, Taylor e Lambert sono in uno studio – dove campeggia alle loro spalle una batteria con lo storico logo dei Queen, insieme al giornalista della Bbc Matt Everitt che coordina l’incontro.

LA PRIMA domanda arriva da un insospettabile fan: Boy George in vena di irriverenze: «Preferite il momento in cui salite sul palco o quello quando scendete?». I tre non raccolgono la provocazione: «Sono momenti diversi, ma mi piacciono entrambi», risponde laconico il chitarrista mentre Taylor ammette di sentirsi: «decisamente esausto, alla fine». Gusti musicali e culinari: «In Giappone si mangia divinamente – sentenzia Lambert – per non parlare dell’Italia». Insomma non si esce dall’inevitabile cliché degli incontri promozionali, anche se qualcosa di diverso – lo ammettono – ogni tanto dal vivo vorrebbero azzardarlo: «Sì – spiega Taylor – siamo costretti a fare i pezzi più noti, come puoi lasciar fuori Bohemiam Rhapsody o We are the champions? Anche perché è quello che il pubblico vuole. Abbiamo tentato di inserire It’s late (da News of the world, 1977) o Machines (da The Works, 1984), ma bisogna andarci cauti». Lambert spiega di non aver mai voluto scimmiottare Mercury: «Seguo il suo percorso, certo. Era una personalità così forte che è impossibile imitarlo. Dal vivo mi piacerebbe cantare You take my breath away (da A day at the races, 1976), mentre The Show must go on (da Innuendo, 1991) è il brano che mi permette di accentuare la tragedia incombente su Freddie che l’ha interpretata nei suoi ultimi mesi di vita. Non è semplice rendere quell’emozione».