Nella seconda tornata della sua relazione sullo stato della crisi Coronavirus, a palazzo Madama, Conte cerca di rimediare alla gaffe del giorno prima a Montecitorio. Quel mancato appello all’opposizione aveva destato in molti il sospetto che il premier si fosse acconciato alla richiesta di appeasement del Colle con ben scarsa convinzione. Stavolta il premier fa un passo in più: «Il governo è favorevole a proseguire il confronto tra le varie forze politiche per concordare un percorso di condivisione delle misure riparatorie». Cioè del contenuto del prossimo decreto economico.

ALLA DESTRA pare poca cosa e soprattutto da verificarsi nel concreto: «Noi ci siamo, ma non da spettatori», replica Salvini. «Vogliamo collaborare, non obbedire. Siamo responsabili, non complici» duetta per Fi la capogruppo Bernini. Uno spiraglio però c’è e chi si affanna per chiuderlo immediatamente sono i 5S.
Nell’ultimo intervento al senato il pentastellato Perilli si scaglia contro Fdi, «Dicono di essere responsabili e poi chiamano ‘criminale’ Conte», e contro Salvini, «da lui non è venuto nessun aiuto ma solo propaganda». Volano gli insulti. Calano le mascherine, sgradito ostacolo all’insulto reciproco. La presidente Casellati si sgola: «Rimettete le mascherine». La scena va oltre la commedia all’italiana.

LO SGAMBETTO dei 5S appare non come uno svarione qualsiasi ma come conseguenza diretta del panico suscitato dal convitato di pietra che egemonizza il dibattito, evocato da quasi tutti (ma non da Conte e il particolare è significativo): quello di Mario Draghi . L’articolo uscito proprio ieri sul Financial Times rimbalza da un intervento all’altro. Renzi lo cita come bussola: «Non bastano 50 miliardi. Dobbiamo dirci che l’emergenza durerà due anni. Quindi bisogna chiedersi non come chiudere ma come riaprire le aziende: Draghi ha indicato la strada». Salvini ringrazia l’ex presidente della Bce. De Petris, LeU, cita il monito di Super Mario, «i costi dell’esitazione potrebbero essere irreversibili». Bernini conferma: «Dobbiamo condividere le sue soluzioni».

IL PROBLEMA è che parlare di Mario Draghi implica quasi necessariamente alludere a un possibile governo unitario di ricostruzione nazionale e viceversa. Non c’è l’uno senza l’altro. Che sia questo l’obiettivo di Salvini e Renzi è fuori dubbio. Non a caso, del resto, l’ex premier ha scagliato anche ieri la sua bomba a tempo, con la richiesta di una commissione parlamentare d’inchiesta sulla crisi Covid-19, quando l’attuale emergenza sarà alle spalle. La suggestione di un governo Draghi è inevitabile.

Al momento si tratta però di un’opzione del tutto irrealistica. La stessa destra è divisa: FdI è contrarissima e preferisce di gran lunga la formula di una collaborazione limitata alla lotta contro il virus. Per LeU Grasso è laconico: «Non è necessario cambiare». I 5S si sono espressi con lo sgambetto tentato in aula da Perilli. Il ministro dell’economia Gualtieri non risparmia elogi rivolti a Draghi ma il Pd non contempla neppure alla lontana l’ipotesi di un ricambio di governo e maggioranza.

SOLO FANTASIE, che nei 5S degenerano in incubi e fobie? Non proprio. In questa fase è così, ma nel cuore di una crisi come queste le varie fasi durano poco. Se in futuro ci si troverà davvero in quella «tragedia di proporzioni bibliche» che proprio Draghi ammette di temere tutto cambierà e l’ipotesi di un governo di ricostruzione nazionale diventerà una possibilità molto concreta. Ma ancora prima, se di qui a una decina di giorni la strategia del «distanziamento sociale» sulla quale il governo e la Protezione civile hanno puntato tutto si rivelasse insufficiente, un Conte oggi saldissimo si ritroverebbe nella condizione opposta. Anche in quel caso diventerebbero realistiche ipotesi che oggi sono fantapolitiche.
Ieri, dopo tre giorni di ottimismo, è arrivata da questo punto di vista una vera gelata. I morti sono stati tanti, 712, e si contano 6.153 casi di positività in più. I dati di un giorno non sono mai significativi, né in un senso né in quello opposto, ma indicano almeno quanto lunga sarà ancora la battaglia. E spingono il governo nella direzione indicata da Sergio Mattarella: quella di cercare la tregua anche con l’opposizione.