Un fantasma si aggira per il paese: è il movimento No Vax. L’ectoplasma appare e riappare, ma terrorizza solo a giorni alterni. Una volta viene dipinto come un minaccioso soggetto organizzato in grado di bloccare gli snodi ferroviari, l’altra ridotto ad Armata Brancaleone senza arte né parte. In entrambi i casi, che si tratti di allarmismo o derisione, sfugge il punto: come avremmo dovuto imparare dalla vicende paradossali e al di fuori di ogni regola politologica della nascita del Movimento 5 Stelle o dell’assedio al Campidoglio dei sostenitori di Trump, il cospirazionismo è una delle forme della politica al tempo della crisi della rappresentanza e della fine dei grandi conflitti.

UNO DEI PUNTI di forza del cospirazionismo è che istruisce una discussione che costringe qualsiasi controparte dialettica, anche la più radicale, a recitare il ruolo difensore dello status quo. Bisogna inoltre ricordare che il discorso che per semplicità chiameremo No Vax affronta in maniera irrazionale e paranoica uno dei nodi decisivi della nascita della sovranità politica moderna: il rapporto tra libertà individuale e sicurezza collettiva, tra paura e fiducia reciproca.

Ma è illusorio pensare che questo paradosso possa essere sciolto semplicemente mettendosi in cattedra, iniettando dosi di razionalismo e sciorinando freddi numeri di fronte a un corpo sociale vessato da anni di crisi economica e provato da mesi di lockdown. Il discorso cospirazionista postmoderno, quello che nasce nelle bolle social e che consente ad ognuno di cucirsi addosso una propria micro-ideologia, è privo di svolgimento lineare. In Italia il M5S ha veleggiato per anni questi mari aggirando contraddizioni logiche e categorie politiche classiche, noncurante delle evidenti incoerenze, anzi traendone forza fino a diventare la prima forza del paese.

QAnon negli Stati uniti ha dilagato perché non si è vincolato a narrazioni politiche concluse e definite: ha diffuso vaghe coordinate e seminato indizi tendenziosi, esortando a cercare la propria verità, stimolando la natura partecipativa (e narcisistica) della rete.

Anche le argomentazioni anti-vacciniste sono incoerenti dal punto di vista logico prima che etico: chiedono al tempo stesso più Stato e meno Stato, maggiori controlli e più libertà, sminuiscono il Covid ma propongono cure possibili, invocano l’uomo forte ma condannano l’invasione dei governi nella sfera privata.

FREDRIC JAMESON diceva a proposito della condizione postmoderna che è più facile immaginare la fine del pianeta che quella del capitalismo. Ciò significa che per troppa gente è diventato impossibile cambiare il mondo. A questo punto si hanno tre opzioni, che spesso nel caso delle culture anti-vacciniste si combinano in diverse proporzioni: le persone si illudono di cambiare almeno loro stesse (da cui la fortuna delle culture new age e delle medicine cosiddette alternative), cercano di vendicarsi contro i potenti (da cui il successo delle diverse forze populiste) oppure coltivano l’idea che solo pochi illuminati possano riconoscere la vera matrice della pandemia in corso, seguendo una traccia che ricalca lo schema meta-politico dell’Apocalisse, alla quale sopravvivono solo i giusti destinati a rifondare la polis.

È un’allegoria, questa, che dai padri Pellegrini a Reagan è sempre stata presente nella retorica politica statunitense e che adesso arriva in forma liquida, diremmo pop, da questa parte dell’Oceano.

SEMBRANO AVERLO capito gli attori del Circo Barnum che negli anni scorsi ha ruotato attorno al M5S e che adesso ha appiccicato sui propri tendoni le insegne No Vax: Paolo Becchi, il blogger Byoblu, Diego Fusaro sono tecnicamente imprenditori del clic e delle ospitate televisive che da anni inseguono ogni forma di protesta confusa e strumentalizzabile. Ci sono anche i fascisti veri e propri, ma non è una novità: provare a intestarsi battaglie altrui dove si intravedono spazi vuoti fa parte di una lunga tradizione dell’estrema destra.

Ma se si guarda la faccenda da questo punto di vista si capisce che il fantomatico popolo No Vax corrisponde a un arcipelago di individui atomizzati che si scambiano le loro paranoie in chat e che di tanto in tanto si palesano. Eppure, il No Vax è il folk devil di questi giorni.

I RISCHI SONO DIVERSI. Che questa stigmatizzazione retorica conferisca l’immagine di anti-establishment agli apprendisti stregoni che cavalcano le paranoie. Che la repressione di queste proteste diventi la criminalizzazione tout court delle piazze, proprio alla vigilia di un autunno che potrebbe essere caldo. O che la carenza degli interventi concreti a tutela della sanità pubblica e territoriale e del diritto all’istruzione che si invocano dall’inizio della pandemia sia oscurata dalla caccia al No Vax.

Il movimento femminista di questi anni ha anticipato con concretezza e radicalità il tema della cura come forma di responsabilità collettiva, di riappropriazione dal basso e protagonismo sociale. In queste pratiche potrebbe essere l’antidoto all’irragionevole eppure spiegabile malessere dei No Vax. Perché bisogna trovare il modo di farsene carico, più riscoprendo la forza terapeutica dei movimenti collettivi che invocando misure di polizia.