La rabbia è sempre Popolare: «Iorio, vai a casa: avete due morti sulla coscienza». In Fiera si celebra l’assemblea dei soci (300 deleghe comprese) della banca messa in ginocchio da Giovanni Zonin. Urla, fischi, insulti anche per il nuovo vertice targato Fondo Atlante. Vicenza non dimentica il pensionato Toni Bedin, ex operaio e dirigente del Pci, che il 16 giugno a Montebello Vicentino si è sparato un colpo in pancia perché i risparmi di una vita erano carta straccia. Né l’inerzia istituzionale di fronte ai segnali della catastrofe. E neppure le manganellate della polizia davanti alla villa di paròn Zonin, con Francesco Pavin in ospedale con una vertebra fracassata.

Vicenza da mesi sopravvive dentro l’incubo. Il gioiello di Palladio e la peste finanziaria. Il caso Bpvi amplifica il fallimento del modello che sembrava inossidabile. Era la città-Vandea di Mariano Rumor, sinonimo dell’alleanza atlantica con la mega-base Usa nel cuore del Nord Est. Era la città d’oro, nel senso del distretto orafo e del capitalismo molecolare ubriacato dal marco tedesco. Era l’antenna di Massimo Calearo, presidente Confindustria nominato alla camera nel 2008 dal Pd di Veltroni. Era un mondo chiuso fra Curia, Giornale di Vicenza, banca e relazioni nei salotti buoni.

Oggi nemmeno la madonna di Monte Berico può più miracolare Vicenza: il caso Bpvi rappresenta la punta dell’iceberg del fallimento del modello che sembrava inossidabile. «Salvare le banche e non le persone è una bestemmia. Gli uomini vengono prima dei soldi e una banca vada pure in fallimento – sbotta don Enrico Torta -. Sono migliaia quelli che hanno subito questo furto. E chi ruba ha il dovere morale di restituire i soldi». La Guardia di finanza ha replicato perquisizioni nella sede del tempio di Zonin, fra i quattro mega-produttori di vino in Europa e vendemmiatore nella secolare cassaforte cattolica: ora è assediato dal letame, dalle carte bollate e dalle manifestazioni nelle sue dimore. La Procura si è risvegliata, mentre a Udine sono stati iscritti nel registro degli indagati 4 direttori di filiale con l’accusa di truffa.

Crolla il palco. Si scopre il tesoretto di 350 milioni emigrato in Lussemburgo nella società Optimum Asset Management. E nel mirino finisce anche la società di revisione Kpmg, che ha certificato i bilanci Bpvi dell’ultimo decennio. Perfino la Curia e il vescovo Pizziol traballano: la devozione a Zonin&C ha bruciato 3 milioni 546 mila 875 euro.

È la maledizione del gioiello di Palladio, il modellino realizzato nel 1577 per preservare la città dalla peste. Venne versato nel fuoco dai francesi nel 1797 insieme all’oro delle chiese. Tre anni fa era tornato a splendere in città, alla vigilia di un’altra “fusione” della ricchezza popolare. Così oggi non brilla più nemmeno Achille Variati, professione informatico al servizio delle banche: già sindaco Dc negli anni ’90, è rientrato nel 2008 a palazzo Trissino sull’onda delle manifestazioni NoDalMolin e ha strappato il secondo mandato dcome “renziano civico”. Un’amministrazione davvero dorotea, che alimenta piccole e grandi opere in sintonia con le lobby della sussidiarietà.

Dalla terrazza della Basilica palladiana, fra uno spritz e l’altro, l’atmosfera sembra sospesa. Marco Milioni, ostinato cronista di VicenzaPiù: «La mia storia da anni è costellata di querele da parte di soggetti del cosiddetto establishment. Avere scritto inchieste su temi scottanti mi ha reso la stima dei lettori, ma l’antipatia di molte persone oggetto del mio lavoro». Comunque, i conti non tornano. È in rosso (22,6 milioni) il bilancio 2014 di Palladio Finanziaria, cassaforte di Roberto Meneguzzo costretto a patteggiare due anni e mezzo per concorso in corruzione nel “caso Mose”. E Maltauro, storica impresa edile, deve perfino cambiare nome dopo le tangenti per Expo 2015.