La lunga agonia della partecipazione politica sembra aver trovato finalmente un argine. Dopo il declino del talk show politico abbiamo assistito lunedì sera a un evento, una grande cerimonia mediatica che ha coagulato risultati degni del calcio, con oltre 4 milioni di telespettatori e uno share del 26,88%. Questa tendenza era nell’aria. Il pensiero unico e «politicamente corretto» inorridisce di fronte a ogni critica, a ogni invettiva. Oggi proviamo orrore di ogni forma di violenza verbale, mentre da tempo non proviamo più nessuna indignazione di fronte alla violenza sociale.
Per lungo tempo la politica ha avuto nella satira il suo elemento di critica. Ricordo la satira militante dei fratelli Guzzanti. La satira surreale di Luttazzi per cui a suo tempo subì un’epurazione.

Censurata la satira con l’editto bulgaro, l’assalto alla politica rinasce in una nuova forma spettacolare: il duello finale tra opposizione e conservazione, ritualizzato in uno spettacolo evento in cui i ruoli sono interpretati dal grande conduttore e dal politico dello schieramento avverso. Questo evento era già andato in onda e con i medesimi, spettacolari risultati di audience, con la partecipazione di Berlusconi a Servizio pubblico. E’ stato replicato lunedì con la partecipazione di Grillo a Porta a Porta. L’impatto mediatico nasce dalla eccezionalità dell’incontro, ma anche dalla scelta di sublimare, in senso spettacolare, l’ostilità espressa in anni di reciproca opposizione, di battute al vetriolo, di inchieste giornalistiche. E’ l’incontro di due amici-nemici che, staccata la spina dell’emotività, duettano in una sorta di interpretazione de «La strana coppia». Berlusconi, che prima di essere un politico è stato un grande intrattenitore, si è fissato nella memoria collettiva spolverando la sedia di Travaglio. Grillo e Vespa hanno duellato soprattutto per prendere e conservare la parola. Però «senza emotività e con ironia», come tra vecchi colleghi che si ritrovano dopo tanto tempo e tante reciproche schermaglie.

Ma è stato anche un dialogo tra sordi. Si è capito perché Grillo non va ai talk: non può rispondere a domande che non corrispondono ai suoi contenuti. Le domande sono standard e interne a una logica binaria, all’interno a loro volta di un discorso unico, che non ammette differenze se non come folclore o ideologia. A certe domande non si può rispondere, ma solo contestare la domanda. Per questo, anche con Vespa come già con Renzi, Grillo si dichiara disposto non al dialogo ma al monologo.

Prima di entrare in trasmissione Grillo aveva già organizzato uno show nei corridoi valorizzando tutti i topos comici e iconici di Porta a Porta. Si presenta con il plastico del castello e intrattiene i giornalisti con i suoi soliti paradossi, sapendo che poi dovrà recitare il ruolo di bravo ragazzo moderato, anche nel tono accomodante della voce. Via Hitler, Dudù, l’ebetino. Grillo tende ad accreditare prima di tutto il suo ruolo di contenitore del malcontento pubblico. Senza di lui, dice, avremmo in Italia i veri nazisti di Alba dorata. Del resto è incredibile che la stampa mainstream prenda sul serio quello che, nello stile comico, al vetriolo di Grillo, sono evidentemente semplici battute. Ed è ancora più paradossale che Renzi ritenga necessario intervenire sottolineando che su certi temi non si scherza. A forza di contenersi, di non scherzare, di non fare un uso «criminale» del mezzo televisivo, il pensiero critico si è estinto da tempo. Ben venga allora la sua versione spettacolare di Grillo che forse mentre intrattiene e diverte riesce anche a far riavvicinare a certe problematiche il grande pubblico. Grillo manca di teoria, ma nel deserto attuale della politica, anche il suo intervento può essere meritevole.