Con la consueta millimetrica precisione, Luigi Di Maio ha concesso una lunga intervista alla Stampa esattamente nel giorno in cui le cronache avrebbero dovuto occuparsi della partecipazione di Giuseppe Conte a Mezz’ora in più, il programma domenicale di Lucia Annunziata. Non è la prima volta che l’ex capo politico fa il controcanto all’ex presidente del consiglio, senza ovviamente entrare in contrapposizione, perché sa bene che solo Conte in questa fase può salvare il M5S. Ma di fatto Di Maio oscura in parte la potenza mediatica degli annunci del leader del nuovo corso.

Il cammino, tuttavia, si va componendo. Nel giro di un paio di settimane Conte sarà in grado di annunciare alla platea dei grillini, gli iscritti al portale Rousseau del cui database è faticosamente riuscito a entrare in possesso, i contenuti del nuovo statuto. A quel punto, una volta approvati i nuovi regolamenti interni, la sua leadership verrà consacrata dal voto. Conte dice che non ha intenzione di fondare un «partito novecentesco», afferma che quel modello è ormai superato dalla storia, ma sa anche che dalle parti dei 5 Stelle più consapevoli c’è voglia di organizzazione, strutturazione sui territori e quadri dirigenti. Per questo parla di una via di mezzo tra un partito e un movimento liquido, il che emergerà anche dal fatto che la segreteria (che non prenderà questo nome) avrà regole di ingaggio miste. Alcuni saranno cooptati dal leader, altri verranno scelti dagli eletti, visto che la grande massa dei parlamentari chiede che il loro ruolo di contrappeso a Rousseau di questi anni venga riconosciuto. Un altro terzo dell’organismo esecutivo sarà eletto dagli iscritti.

A proposito di parlamentari: Conte sta ancora procrastinando sul tema fortemente divisivo del tetto dei due mandati. Ad Annunziata, domenica scorsa, ha detto che si prenderà la responsabilità di trovare una soluzione. Anche questa verrà votata dagli iscritti al fine di divenire inattaccabile. Sa bene, Conte, che Beppe Grillo si è schierato a favore del mantenimento della regola. D’altro canto, tutti i big gli chiedono di rimuovere la mannaia che pesa sulla loro carriera politica:difficile pensare che Di Maio accetti di tornarsene a fare il privato cittadino nel 2023, a 37 anni. «La posizione di Grillo è assolutamente da considerare – dice – Io mi assumerò la responsabilità di fare una proposta ragionevole poi coinvolgeremo gli iscritti, come è sempre stato» Se davvero si dovesse pensare a «deroghe speciali per merito», ci si troverebbe di fronte al rischio di scontentare sia i parlamentari che sono al primo mandato che quelli che hanno esaurito il loro tempo ma che rischiano di venire esclusi dal nuovo meccanismo. Su questo Di Maio afferma sibillino: «Quando il popolo mi dirà di mettermi da parte io smetterò di servirlo».

Ultimo ma non minore: il posizionamento politico del nuovo Movimento 5 Stelle. Conte spiega le differenze col Partito democratico in questo modo: «Noi abbiamo una propensione a dialogare anche con un elettorato moderato». Di Maio, invece, sembra dimenticare tutta la rappresentazione del M5S come partito dei forgotten all’italiana, i dimenticati della questione sociale che si collocano al sud e tra le vittime della globalizzazione al nord. Adesso, dice il ministro degli esteri, i 5 Stelle sono espressione del «ceto medio» che paga le tasse e ha interesse che la macchina pubblica efficace e trasparente.